Quando e come hai conosciuto il cosplay
Sono sempre stato un appassionato di fumetti e nel 1999 iniziai a frequentare il salone di Torino Comics. Per la fiera si aggiravano (poche) persone travestite da personaggi dei fumetti ma non avevo la minima idea che questa pratica avesse già un nome, appunto “cosplay”. Così nel 2001, insieme a degli amici, prendemmo coraggio e organizzammo un gruppo di Dragon Ball, dove io feci Gohan nei panni di Great Saiyaman. Fu un’esperienza fantastica che tutt’ora porto nel cuore: i ragazzini che ci fermavano per fare foto, qualche mamma ci metteva in braccio i bambini, la scenetta davanti al pubblico. Tutte queste cose mi fecero iniziare il mio percorso nel mondo del cosplay.
Uno degli eventi più esilaranti che ti è capitato di vivere in questo mondo.
Ho avuto la fortuna di godermi molti eventi sotto diversi punti di vista: cosplayer, organizzatore, presentatore, giurato. Sicuramente nei miei ricordi un posto privilegiato è occupato dalla prima edizione della mitica Lucca Comics (quanti sacrifici per andarci visto che ero uno studente spiantato!) ma se devo pensare al puro divertimento, con orgoglio cito sicuramente degli eventi nati nel periodo dell’A.Na.Co. come “Cosplay Senza Frontiere”, “Hasta Cosplay”, ecc… dove gli aspetti più rilevanti erano gioco, risate e aggregazione.
Cosa ti manca di quegli eventi che oggi si sono troppo modificati in competizioni.
Io iniziai a fare cosplay quando ancora le fiere non mettevano a disposizione nulla e spesso si occupava un angolo o una stanzina quasi in modo abusivo. Non esistevano palchi, camerini, impianti audio/video, le iscrizioni si prendevano a mano su dei fogli e si gridava al miracolo quando si riusciva ad avere un lettore cd per far andare le prime tracce audio delle scenette. Quello che facevamo era solo per il piacere di stare insieme, di mostrare agli altri quello che magari era stato preparato nei mesi addietro e fare tante foto ricordo. Oggi ho la sensazione che al cosplayer tutto sia dovuto e che ci siano troppe pretese. Sicuramente il goderci appieno l’attimo era dovuto anche al numero esiguo di eventi che c’erano in tutta Italia, forse si arrivava a 5/6 fiere, mentre oggi lo stesso numero di eventi si può trovare anche all’interno di una singola regione, senza contare che il cosplay è ormai stato anche estrapolato dal contesto della fiera e si può ritrovare anche in eventi di natura differente.
Un ricordo che porterai sempre con te.
Ci sono diversi ricordi che definisco importanti per la mia avventura in questo ambiente: il mio primo cosplay, la mia prima fiera fuori dal Piemonte (Comiconvention a Milano, credo fosse il 2002), il giorno in cui con altri amici e cosplayer decidemmo di fondare la comunità A.Na.Co. (prima di diventare un’associazione vera e propria, fummo una comunità nel web dove condividere resoconti di fiere, foto, organizzare raduni, ecc…). C’è un episodio in particolare però che mi fa tutt’ora sorridere: stavo andando alla Fumettopoli di Milano, era il febbraio del 2003 e vista l’assenza di camerini e i bagni decisamente piccoli, spesso si usava partire già travestiti (un’esperienza che vi consiglio di fare). Impersonavo il reverendo Nicholas D. Wolfwood, una sorta di prete guerriero della stupenda serie Trigun, quindi ero vestito in abito scuro, croce al collo, grande croce trascinata a spalle in stile Via Crucis e altri piccoli accessori crociati. Cercando posto nei vari vagoni, ad un centro punto incrocio quattro suore già sedute che mi osservano ad occhi sbarrati. Preso alla sprovvista, ho un attimo di titubanza e mi fermo, loro mi squadrano e una di loro esclama: “Bravo figliolo, è giusto vivere nel Cristo di questi tempi, ricordare la sua sofferenza ci aiuta ad essere persone migliori”. Sono riuscito a trattenermi dal ridere e per non rovinare i loro sogni, annuendo serio me ne uscii con la seguente frase: “Ho voluto affidare la mia vita a Gesù”. Trovato finalmente posto a sedere con i miei amici, abbiamo riso fino all’arrivo in fiera (e anche per diversi mesi).
Tu sei stato tra i fondatori oltre ad esserne stato presidente dell’A.Na.Co. , cosa ha significato per te quell’esperienza?
È stato un periodo molto importante, sia personale e penso anche per il mondo del cosplay italiano. Nei primi anni in cui si è diffuso il cosplay nel belpaese, i pochi punti di riferimento erano più che altro i siti personali dei primi cosplayer. Noi un po’ alla volta siamo riusciti a riunire la maggior parte di cosplayer in un unico forum (lo storico Anacosplay di Forumfree) e questo ha contribuito alla socializzazione tra persone con la stessa passione ma spesso residenti in luoghi differenti, dando vita a gruppi cosplay ormai noti, nuovi organizzatori, nuovi eventi e tanto altro. Molto utili le sezioni più tecniche dove sono stati fatti dei grandi passi avanti passando da materiali più semplici a quelli più complessi nella lavorazione, ma proprio il poter scambiarsi pareri ha permesso un salto in avanti nel fare costumi e accessori sempre più complessi e belli. Come A.Na.Co. abbiamo fatto nascere molti eventi, tutt’ora portati avanti da altre organizzazioni (alcuni propri ex soci) e abbiamo cercato di lasciare dei segni tangibili partecipando alla stesura del primo libro italiano sul cosplay “Cosplay culture. Fenomenologia dei costume players italiani” scritto da Luca Vanzella per Tunué. Successivamente abbiamo scritto un libro tutto nostro, “100% Cosplay” editto dalla Jar Edizioni, dove si parla della nascita dell’associazione e dell’evoluzione del cosplay in Italia, sono presenti tutorial e consigli utili per tutti i cosplayer. Siamo arrivati ad organizzare in certi momenti, anche più di 30 eventi all’anno sparsi per lo stivale, cercando di sdoganare il concetto di classica competizione ma personalizzandole a seconda dell’aspetto che volevamo mettere in risalto. Esempio abbiamo creato il concorso di “Miss Cosplay” (che ha successivamente “ispirato” molti altri organizzatori) che dava più risalto alle abilità e capacità interpretative della cosplayer (facendo passare leggermente più in secondo piano il costume). Siamo stati anche provocatori quando abbiamo organizzato per diversi anni il GLIM (Gothic Lolita Italian Meeting), il primo raduno italiano dedicato al Gothic Lolita (un tipo di abbigliamento nato in Giappone intorno alla fine degli anni novanta), un settore che non ci competeva ma molte ragazze che frequentavano l’associazione, erano anche appassionate di questo e si lamentavano del torpore e della chiusura in cui le comunità italiane di Ghotic Lolita stallavano. Questo ha dato vita ad uno scontro (civile) che ha permesso a queste comunità di iniziare ad essere più attive sul territorio, nostro intento sin dall’inizio visto che non era assolutamente nostra intenzione scavalcare nessuno sulle proprie competenze, anzi, le collaborazioni sono sempre state ben accette. Tra il 2010 e il 2011, all’apice del suo successo contando circa 400 soci tesserati, diversi soci onorari e altrettanti collaboratori e sponsor, l’associazione ha ufficialmente chiuso. Forse avevamo terminato il nostro compito, ormai il cosplay era completamente diffuso e conosciuto in tutta Italia. Ora nessuno conosce la carenza di manifestazioni, addirittura oggi ci sono weekend dove si può scegliere a quale evento andare. Oltre a tutto questo, oggi molti dei miei migliori amici sono persone conosciute all’interno dell’associazione e so che questa situazione è comunque a tante altre persone, d’altronde uno degli obiettivi di un’associazione è proprio “associare” e direi che noi ci siamo senz’altro riusciti.
Un elemento, dei primi raduni cosplay che trametteresti agli eventi di oggi.
Purtroppo mi sento di dire che, un raduno in vecchio stile, al giorno d’oggi avrebbe uno scarso appeal verso il cosplayer medio. Ricordo ancora il primo raduno che avevamo organizzato in provincia di Torino, chiedendo in prestito una struttura comunale. Avevamo organizzato una piccola sfilata cosplay, una stanza adibita con giochi, karaoke per le sigle dei cartoni, visione di anime, ecc… Saranno passati 15 anni ma mi sembra di parlare di anni luce. Farò la figura del vecchio ma sento proprio di dire “quelli si che erano bei tempi”.
Cosa ti senti di dire……
Non mi rispecchio più nel mondo del cosplay attuale, ecco perché il mio ultimo cosplay ufficiale risale al 2011 (dopo ho solo fatto qualcosina in piccole fiere per fare foto con amici). Una volta i cosplayer si accontentavano del riconoscimento simbolico, ora vengono messi in palio dei premi esagerati come viaggi all’estero, console di ultima generazione, qualificazioni per gare cosplay in giro per il mondo, quindi spesso le iniziative minori, per quanto pregevoli, non vengono nemmeno considerate. Questo aumenta esponenzialmente il livello di competitività delle persone che spesso sfocia in invidia, cattiveria e altri sentimenti negativi che durante la pratica di un hobby dovrebbero essere lasciati da parte. Ovviamente il mio è un parere puramente personale, ma se nel mio tempo libero devo incazzarmi, probabilmente significa che un certo tipo di ambiente non rispecchia più le mie esigenze. Continuo a frequentare le fiere come appassionato di fumetti, di giochi in scatola e di carte e questo mi basta per non perdere mai il filo sottile che mi unisce ad un ambiente che mi ha dato tanto e a cui io spero di aver dato qualcosina nel mio piccolo.