Il cosplay mi è sempre piaciuto per la sua originalità, fantasia e la goliardia che vi regna. In vari anni di giuria ho conosciuto tante fantastiche persone, tra queste senza dubbio, per il suo modo d’intendere questo fenomeno, per la schiettezza nell’affrontare certi argomenti ponendosi così fuori dal coro ma anche la grande competenza nell’osservare e giudicare un costume, senza come dice Lei “Dover possedere un curriculum per salire in giuria”, mi ha fatto molto piacere intervistarla: Amanda Lorelei.
Lascio la parola a lei e poi….
Presentati ai nostri lettori.
Ilaria Catassi, aka Lorelei Amanda. Convocata come Giurata presso il palco di Lucca Cosplay dal 2007 al 2012. Nel 2007 ha aperto la prima fumetteria e ludoteca in Toscana provvista di una sezione completamente dedicata al Cosplay, con tanto di vademecum sulla storia di questo movimento e catalogo cartaceo. Si è impegnata a lungo nella promozione della cultura Giapponese, organizzando eventi a tema manga e anime, corsi amatoriali di fumetto, di lingua e offrendo spazio ai laboratori creativi per Cosplayer. Ha protratto la sua attività online per anni, prima di dedicarsi all’editing freelance. Il suo stile preferito è il Gothic Lolita, ma ha indossato i panni di Witch Hunter Robin, O-Ren Ishii, Anko Mitarashi, La Sposa di Habaek, varie Japan Maid, senza dimenticare di giocare in Casa Serpeverde tra una divisa scolastica giapponese e l’altra. Divoratrice di anime e Drama, è anche una lettrice compulsiva, creatrice di fanfiction e collezionista di stampe e albi autografati. Quando non scrive romanzi, ascoltando Kpop in una stanza tutta rosa, coccola i suoi tre cani.
Cosa rappresenta o ha rappresentato per te il cosplay?
Per me, il cosplay significa e significherà sempre aggregazione, condivisione, interpretazione e, soprattutto, divertimento. Ricordo ancora con grande nostalgia gli eventi a tema che organizzavo presso la mia fumetteria e uno in particolare mi è rimasto impresso: il Nana Day (07.07.2007) nel quale molti appassionati, Clienti e non, parteciparono con entusiasmo per celebrare non solo un manga ma anche i propri gusti. Furono davvero in tantissimi e mi ricordo che, per non separarci dopo la chiusura e mantenere viva l’atmosfera, andammo tutti a mangiare al ristorante giapponese. Per me questo episodio è molto rappresentativo, come lo sono stati “gli anni del ghiaino” – vent’anni fa, come passa il tempo – in compagnia degli amici del Flash Gordon. Definirei quindi il cosplay un’arte nutrita da uno stato d’animo: interpretare il personaggio scelto appropriandosi del suo atteggiamento; realizzare il suo abito, il suo accessorio, il suo make-up, come anche la sua armatura, richiede tempo, capacità, energie e denaro. Ma, più di ogni altra cosa, si basa su un’onda emozionale che ci travolge, ci rende parte di qualcosa di più grande nella quale, in qualunque luogo si scateni, ti senti al sicuro: in cui conosci gente nuova, ritrovi vecchi amici, ti complimenti e ridi, canti, danzi, o magari resti in posa a dispetto della fatica per la foto di un passante. Se ti manca questa spinta interiore sei solo un surfista sull’onda degli altri.
Cosa cambieresti in questo panorama?
L’aspetto lucrativo e l’ansia della fama. Con “aspetto lucrativo” non mi riferisco alla vendita di gadgets dedicati al cosplay o di abiti già confezionati, ma al continuo rivaleggiare che esiste ovunque e che è facile avvertire sia tra Manifestazioni che tra Cosplayers: palchi sempre più grandi, pubblicità e collegamenti mediatici nel primo caso; mentre nel secondo partiamo dall’utilizzo dei social, passiamo alle armi, armature o altro commissionati, al fotografo pagato per i photoshoot super pro e agli sponsor. Ecco l’ansia della fama. Devi vincere, devi ottenere i contatti migliori, devi essere ovunque. In queste azioni io leggo principalmente il desiderio di diventare delle piccole celebrità il prima possibile. E questo non solo in Italia. Ragazzi, scalate una marcia, che vivrete più sereni.
Negli anni ho conosciuto molte persone che hanno fatto del loro meglio per sdoganare il concetto di costume-play, chiarendo la differenza tra cosplay e costume di carnevale. Adesso che, invece, questa differenza è stata precisata, si è venuto a creare uno nuovo divario: tra i cosplayer famosi e tutti gli altri.
Secondo la mia opinione sono in gran parte questi ultimi ad aver mantenuto viva l’emotività che sta alla base del cosplay, mentre nei primi avverto una certa freddezza. Inoltre mi lascia molto, ma molto perplessa la concezione secondo cui chi si ritiene, magari oltre che bravo, anche di bell’aspetto, possa sentirsi in diritto di sfruttare la fama ottenuta in questo modo come trampolino di lancio nel mondo dello spettacolo e/o affini. Il cosplay è tutt’altro: per chi vuole intraprendere certe carriere esistono altri percorsi. No?
Mi rendo conto che ormai il motore di questa macchina mediatica rombi un po’ ovunque e non si possa fermare, però non posso fare a meno di dispiacermi per quello che è stato scelto di sacrificare per strada. Perché si parla di una scelta, è inutile negarlo.
Come giudichi la situazione attuale del cosplay in Italia?
Domanda difficile. O meglio: è la risposta ad essere complicata. Farò del mio meglio per offrire un punto di vista su quello che credo sia il panorama nazionale. Da un lato sono orgogliosa che in Italia esistano Manifestazioni grandiose e magnifici Cosplayer, a volte somiglianti in modo sorprendente come ad esempio Massimiliano Poggi con il suo Jareth (uno dei miei preferiti in assoluto) e sono felice che il mio Paese sia degnamente rappresentato all’estero. Inoltre mi sento particolarmente legata a Lucca Comics and Games perché, come molti, ho vissuto diversi ambiti di questa Fiera e la frequento tutt’ora.
Se negli ultimi anni ’90 il cosplay era principalmente riferito agli anime e manga, oggi è fiorito in un’ampia rosa di creatività: videogiochi, film, musica e i movimenti particolari come la moda Lolita, il Visual, il Cyberpunk e lo Steampunk. L’Italia è senz’altro una culla ricca di giovani talenti che non manco di ammirare, e di molte Fiere che si fanno conoscere sempre di più anche grazie al crescente numero di interessati. Questo è molto bello.
Dall’altro lato, diciamo che il mio punto di vista sul cosplay come movimento e sulla figura del Cosplayer si è modificato negli anni, in parallelo rispetto a quella che è, sempre secondo me, la sua contaminazione emozionale. Basti pensare che a volte ai Giurati è richiesto un curriculum! Senz’altro è doveroso essere preparati per ricoprire al meglio questo ruolo, ma qui si sfiora l’eccesso. Mica ci dobbiamo aspettare la presentazione della vostra vita in Power Point, su.
Non è certo negativo che tutto sia in continua evoluzione e che questa passione divenga sempre più praticata e non c’è niente di male nel competere onestamente. Eppure, come accennavo in precedenza, sento che di genuino resta poco se non nelle fiere più piccoline o in chi sceglie di godersi semplicemente l’atmosfera, pur indossando un cosplay all’altezza di una eventuale competizione.
Secondo te l’introduzione di premi sempre più ricchi (viaggi in Giappone e anche in altri Paesi) può considerarsi una formula vincente, soprattutto per attirare nuovi appassionati?
Secondo me chi è davvero appassionato di cosplay non ha bisogno dell’esca per farsi una nuotata.
Ai Cosplayer piace anche mettersi onestamente alla prova tramite una giusta competizione, è vero, ma il ricco premio dovrebbe essere la ciliegina sulla torta, non il solo obiettivo.
Pensate a questo: una coppa. La coppa dorata con la targhetta MIGLIOR QUALCOSA rappresenta la fatica che tu hai impiegato per costruirti il cosplay, la fatica dei giurati – anche di quelli a cui non si richiede il curriculum – che sono stati seduti per ore e ore a osservare e divertirsi anche grazie a te; la fatica di chi ha organizzato lo spettacolo, quella delle persone che quel palco l’hanno montato e che poi dovranno smontarlo. Quella coppa vinta rappresenta tutto questo: fatica, gioia e soddisfazione. Se poi c’è di più, ben venga. Ma è il cuore che deve volerlo, non la vanità o il portafogli.
Chi partecipa solo per vincere un viaggio, ad esempio, secondo me, squalifica l’essenza del cosplayer. I “nuovi appassionati” dovrebbero invece sentirsi attirati prima dalla storia e dall’evoluzione del cosplay, inteso come fenomeno sociale e poi mediatico; dovrebbero essere sensibilizzati in merito alla differenza tra homemede e acquisto in rete e, ancora, sull’importanza di un buon accessorio. Con questa consapevolezza il cosplay si trasforma in qualcosa che senti. E se ci prendi gusto, ti migliori. Solo allora, secondo me, potrai mirare ai premi prestigiosi e partecipare con la concreta possibilità di vincere.
Ma deve partire da te, da dentro. Da quella smania pulita di sentirsi chiamare con il nome del personaggio interpretato, voltarsi, sorridere e dire: “sì, sono io.”
Come hai vissuto la tua lunga esperienza da giurata a Lucca Comics?
Ah, è stato fottutamente bello! Fui invitata per la prima volta a far parte della Giuria di Lucca nel 2007, dall’Associazione Flash Gordon. Una gioia immensa e un grande onore! Mi ricordo quando strinsi tra le dita il mio primo pass: lo conservo ancora nel cassetto (chiedo scusa, ora mi sto commuovendo) assieme ai biglietti e a qualche vecchia foto. Questo per me aveva un valore, ha ancora un valore, perché mi si riconosceva la capacità di determinare la qualità e l’attinenza dei cosplay che avrebbero sfilato. Essendo anche io cosplayer ed avendo introdotto molti amici e Clienti in questo ambito, sentivo veramente di aver dato un significato alle mie scelte.
Quindi, un po’ intimidita, raggiunsi le transenne che delimitavano l’area palco e mi trovai in un ambiente simpatico, cordiale, trepidante anche, e forte e spontaneo e scintillante. Indossavo un mio completino gothic Lolita e avevo un freddo che morivo, ma me ne fregai altamente e presi posto per ore, immobile contro le sferzate del vento, pausa pipì ma chi ti conosce, eppure felice, felicissima! Gianluca Betti aka Lord Ashram che presentava, lunghi capelli e microfono alla mano; le basi audio per le esibizioni, lo scorcio del pubblico visto da quella posizione e le entrate in scena dei Cosplayer emozionati, e tutta quella sfilza di coppe lucenti da distribuire – ma a chi? Erano tutti così bravi!
Mi ricordo le lunghe discussioni a fine gara, i Giurati consapevoli che i partecipanti stessero aspettando nell’imbrunire, col cuore in mano; la selezione finale, il dispiacere per quel Cosplayer tanto bravo che non ce l’ha fatta per un pelo. Uno dei ricordi più vividi che conservo riguarda la mia premiazione al Cavaliere del Toro di Saint Seiya: bravissimo, simpaticissimo, altissimo e, soprattutto, felicissimo. Quell’emozione, come definirla? Scintillìo prezioso. E, benché la prima volta non si scordi mai, anche le esperienze successive sono state fantastiche. Ho avuto il privilegio di assegnare molti premi, anche quelli chiamati speciali. Ho conosciuto persone simpatiche, oneste e valide; bravissimi Cosplayer, veri e propri artisti. Mi sono sentita importante – che non è sinonimo di prevaricante. Ricordo quegli anni con grande orgoglio, allegria, con nostalgia e affetto. Prima di tutte quelle scalette e della riduzione del numero dei premi, e dei concertoni, e del cambio di gestione.
Una persona che hai incontrato in questi anni che ritieni abbia saputo dare un tocco di originalità, uscendo dai soliti schemi convenzionali.
Altra domanda difficile. Oggi l’eccezionale tende presto a diventare convenzionale. Molte persone che ho conosciuto in questo ambito hanno dato il proprio contributo. Per quanto riguarda la mia esperienza in Giuria, mi piace ricordare l’introduzione del Premio JRock proposto da Nicoletta Bernacchi. Più che altro, credo che adesso essere originali significhi più mantenere lo spirito degli inizi che cercare di sorprendere a tutti i costi con fantastici effetti speciali.
L’aneddoto più assurdo che ti è capitato di vedere sul palco.
Ah, questa è facile: i “w la gnocca!” di Jubei e i Balordi di Kenshiro! A questo proposito la Conferenza “C’era una volta… Lucca Cosplay” tenutasi il 2 Novembre presso la Chiesa di S. Francesco a Lucca è stata una divertentissima passeggiata sul viale dei ricordi. E che ricordi!