Tra impegni e viaggi per il Mondo a presentare i suoi lavori, siamo riusciti a contattare e strappare un intervista a Marco Milone, il quale ci ha illustrato tante curiosità sull’animazione e presto torneremo ad intervistarlo perché ci possa parlare in anteprima dei suoi lavori.
Molti di voi si domanderanno chi è Marco Milone. Il suo curriculum parla da solo:
dal 2004 al 2008 collaborare con riviste e case editrici, specializzate in fumetti; col libro Fumetti si qualifica come finalista al premio Franco Fossati per la categoria miglior saggio di critica fumettistica.
Appassionato di giochi da tavoliere di cultura giapponese, cura gli unici blog italiani sugli scacchi eterodossi, sullo shintoismo, sugli emaki e sugli ukiyo-e. Collabora con festival di cultura asiatica promuovendone principalmente gli aspetti classici e ludici.
Dal 2013 riprende a curare rassegne cinematografiche, privilegiando il cinema muto moderno e il cinema d’animazione d’autore, ma pure collaborare con festival, curando la selezione di cortometraggi.
Dal 2015 si occupa di produzione cinematografica col lungometraggio Revengeance (co-produttore)del due volte candidato all’oscar Bill Plimpton, e la serie Black Death: the Series di Luca Canale Brucculeri.
Nel 2016 è stato relatore nei laboratori “L’Oriente in Gioco” e “Alla scoperta del cinema d’animazione Russo” presso l’Università di Palermo.
Come nasce la tua passione per il cinema d’animazione.
Un po’ come tutta la generazione anni’80 sono cresciuto bombardato dalle “anime” e dal nuovo impatto della cultura giapponese. Tuttavia, se ho conosciuto il mondo dell’animazione grazie al Giappone, ero più affascinato dal Disney classico (Silly Simphonies, per esempio) e dai cartoni Warner Bros, o ancora da Tom & Jerry. Ho scoperto solo più tardi e ben apprezzato Tex Avery. Ancora però la mia era una passione superficiale: quando all’inizio del nuovo millennio, ero redattore della rivista Inguine Mahgazine, ho curato una tappa della rassegna dedicata ai cortometraggi del dvd “Soprattutto era fastidio”, compilation curata da Gianluca Costantini, direttore della rivista. Grazie a questa esperienza ho scoperto che esisteva un cinema diverso da quello Hollywoodiano, e ho incominciato a fare ricerche sulla sperimentazione cinematografica.
Che tipo d’esperienza è stata la collaborazione per il film “Revengeance”?
Conoscere Bill Plymptoon è stata un’esperienza importante sia professionalmente che personalmente: nutro grande ammirazione per Bill, ho sempre seguito tutte le sue opere da quando l’ho scoperto, e lavorare insieme è stato come un sogno che non avrei immaginato di potere realizzare sino a pochi anni addietro. In questo debbo ringraziare Signe Baumane, talentuosa animatrice che ha lavorato con Bill.
Quali differenze hai riscontrato tra il panorama Italiano e quello Internazionale, nel cinema d’animazione?
Il panorama italiano subisce le difficoltà del mercato incerto, e poco interessato a un cinema per adulti. L’Italia ha sicuramente due centri d’eccellenza (l’ISA di Urbino e il CSC di Torino), che hanno formato e continuano a formare schiere di professionisti del campo. La seconda metà degli anni ’90 è stato un periodo di fermento, grazie alla realizzazione di lungometraggi e serie televisive. Oggi, invece, l’animazione mainstream ha perso terreno: pochi lungometraggi, e nessuno degno di nota. L’Italia non riesce a imporsi sulla scena internazionale, fatta eccezione che per le Winx.
Abbiamo grandi animatori pronti a mettere a disposizione la loro creatività: un animazione autoriale pronta a fare ricerca e sperimentare, ma che incontra poco sostegno.
Ti occupi anche di cultura Orientale come Shintoismo e del gioco del Go. Ci puoi parlare dei tuoi lavori?
Tutto è partito per curiosità. Volevo approfondire alcuni aspetti della cultura giapponese, e non trovavo informazioni rilevanti nella nostra lingua; dunque, via via che studiavo, andavo scrivendo… da questo processo di appunti, ho trasformato tutto in articoli e saggi sullo shintoismo, sugli emaki, sulle ukiyo-e e sull’aspetto storico-filosofico del gioco del go. Tale raccolta sistematica mi ha permesso di entrare in contatto con blogger, yamatologi e studiosi universitari, consentendomi un maggior grado di confronto e di approfondimento della materia.
Soprattutto sullo shintoismo, la religione nativa del Giappone che racchiude la loro mitologia, e sugli emaki, la narrativa illustrata giapponese antesignana dei moderni manga, mi stupisco ancora dell’assenza di informazione, che purtroppo mi conferma la mia sensazione che la popolarità dei manga e degli anime non si traduca in un pieno interesse del mondo culturale nipponico.
Per chi fosse interessato:
https://www.facebook.com/pg/emakimono/photos/?tab=albums
Quanto ha influito l’animazione Giapponese, sul interesse collettivo, alla cultura Nipponica.
Il mio interesse sulla cultura nipponica è più legato alla cultura classica. Leggo manga e guardo regolarmente sia anime che dorama, ma ciò che mi ha avvicinato maggiormente ad approfondire la cultura giapponese è stata la mia passione per lo shogi (scacchi giapponesi): lo shogi ha rafforzato ciò che anime e manga mi avevano trasmesso, ovvero la visione di un paese meno materialista rispetto all’ occidente, ma pure di una nazione che ha ancora una sua identità popolare, e che spero continuerà a conservare in questo mondo globalizzato.
Stai lavorando a qualche nuovo progetto?
Sto avviando altri progetti, ma non posso ancora rivelare molto: posso solo anticiparti che sto avviando la produzione di un film spagnolo e di una serie tv americana, ma pure che presto mi vedrai coinvolto anche in ambito editoriale. E poi, c’è sempre la produzione di Black Death: the Series, tratto dall’omonimo fumetto di Andrea Gallo Lassere; il regista Luca Brucculeri e il cast tecnico di Filmika stanno completando il montaggio del pilota.
Vuoi fare un saluto ai lettori di Mondo Japan.
Amici di Mondo Japan, vi ringrazio per il tempo dedicatomi e spero mi seguirete nelle mie prossime avventure!
Grazie per la tua disponibilità. A presto.