Sono molte le interviste che negli anni ho fatto, disegnatori, cos player, band, autori e via discorrendo. Per la prima volta ho intervistato un’illustratrice, anzi una giovane e promettente illustratrice di Bolzano che mi fatto entusiasmare per il suo lavoro. La grinta, l’entusiasmo il modo con cui ha risposto alle domande poste, erano tutte motivate da una passione e da un modo innovativo e culturale di intendere questa figura professionale.
Siamo lieti ed entusiasti , di poter ospitare sulle nostre pagine Valentina Moscon.
1 Come è nata la tua passione per l’illustrazione
Prima di guardarmi attorno per scegliere l’università non avevo quasi mai sentito parlare di illustrazione. Ho sempre disegnato. Quando ero bambina spiegavo convinta a chi me lo chiedesse che da grande avrei fatto ‘l’artista’ o ‘la pittrice’, ma non conoscevo davvero quali sbocchi lavorativi potesse offrire il disegno. Terminato il liceo classico sono venuta a Milano per informarmi sulle diverse università e accademie, seguendo una pista fatta di contatti di amici, e di amici di amici, che avessero a che fare con l’ambito artistico. Sono capitata a cena da un gruppo di ragazze; non ricordo bene di cosa si occupassero, ma stavano tutte completando una formazione artistica: c’erano una grafica, un’ architetto e una scenografa. Visti i mie schizzi, hanno notato come il mio tratto fosse più indirizzato all’illustrazione, che non alla ricerca artistica e mi hanno consigliato di iscrivermi all’Istituto Europeo di Design. Ero piena di perplessità e di dubbi, quando mi sono iscritta allo IED e a quell’età il chiostro dell’accademia di Brera, con i suoi scorci tenebrosi, le sue volte a crociera e gli enormi gessi nei corridoi, corrispondevano molto di più alla mia idea romantica della vita dell’artista, piuttosto che il design d’avanguardia della sede di via A.Asciesa. Si è però rivelata una scelta azzeccata. Al tempo non ne ero così consapevole, ma quello che stavo cercando era un percorso di formazione che mi insegnasse a disegnare per mestiere. Il disegno e le tecniche tradizionali di pittura oggi trovano spazio soprattutto nelle arti applicate e nel mondo della comunicazione (illustrazione, pubblicità, animazione, editoria) più che nell’arte contemporanea e uno degli obiettivi formativi fondamentali dello IED è proprio quello di rendere i suoi studenti non solo dei creativi, ma dei giovani professionisti della comunicazione. A questo scopo le lezioni hanno una forte connotazione pratica e il corpo docenti è composto per la maggior parte da illustratori di professione. Dopo la tesi ho lavorato per un anno e mezzo come illustratrice per un’azienda pubblicitaria e in seguito sono approdata al mondo del gioco in scatola illustrando il mio primo gioco per la Cranio Creations. Attualmente lavoro come illustratrice freelancer presso Atabaliba studio.
2 Le tue opere attraggono immediatamente l’interesse del lettore, dallo stile molto cartoonistico. Hai preso d’esempio qualche Autore?
Come molti altri bambini degli anni ‘90 posso dire di essere cresciuta a pane e disney. Del mondo disneyano mi affascina soprattuto il character design, il modo straordinario che gli artisti Disney hanno di conferire un’anima a un personaggio disegnandone l’aspetto, le forme e le pose che assume. Un personaggio ci attrae, ci ispira simpatia al punto da farci immedesimare in lui, solo se il suo aspetto ci racconta una storia dai tratti umani. Ci commuove, se ci mette di fronte ad una parte di noi stessi. Considero un disegno riuscito se riesco anche vagamente a infondere in un personaggio que- sto tipo di appealing. Formalmente ho un gusto piuttosto eclettico, ma in qualsiasi stile mi cimenti cerco soprattutto di raccontare dei personaggi e di far scattare quella scintilla di immedesimazione-simpatia tra character e osservatore. Per quanto riguarda i miei illustratori di riferimento, continuo a scoprirne di nuovi. Ho cominciato a creare un mio archivio di immagini e di autori di riferimento durante il mio primo anno allo IED, e da allora ogni giorno integro qualche nuovo elemento. Nel nostro lavoro è anche vitale condividere con i colleghi i propri riferimenti e scambiarsi informazioni utili: molti autori interessanti, illustratori, fumettisti, pittori, designer, gli ho scoperti grazie a suggerimenti di amici illustratori. I primi autori che mi vengono in mente sono Carter Goodrich e Britney Lee, come character designer e illustratori, Ale Giorgini, Norman Rockwell, James Jean, Alan Lee, John Howe, Gabriel Moreno, Riccardo Guasco, come illustratori, Gabriel Moreno, Cyril Pedrosa, Massimiliano Frezzato, Jeff Smith, Sergio Toppi, Giorgio Cavazzano, fra i fumettisti.
3 Come nasce l’ispirazione nel creare un’illustrazione?
E’ indispensabile guardare tante immagini. I professionisti da cui ho imparato di più investono moltissimo tempo nel fare ricerca e nel documentarsi. E’ un metodo che sto trovando di grande aiuto, perché la lampadina dell’intuizione raramente si accede davanti ad un foglio bianco: allo stesso modo in cui uno scrittore ha bisogno di leggere moltissimo per arricchire il suo lessico, un illustratore deve nutrire la sua mente di immagini, di forme, di colori. La nostra immaginazione è affamata di nuove idee da immagazzinare e da rielaborare poi con la fantasia. Ogni illustratore sviluppa un proprio processo creativo: nessuno può costringersi ad avere una buona idea e l’intuizione, in ultimo, non dipende da uno sforzo di volontà, ma ciascuno sa quali attività o percorsi lo aiutano a stimolare la propria mente: leggere un fumetto, vedere una mostra, camminare, fotografare, vedere un film,ecc.. L’illustrazione è poi un’arte a servizio di un testo e deve fare i conti con una committenza. I pro e i contro di questo lavoro risiedono proprio nel suo essere un’arte applicata. Il bello è che illustrare non si riduce a un puro atto estetico, ma significa trasmettere un messaggio, il più delle volte abbellirlo, farlo proprio, mediarlo con se stessi e renderlo più profondo. La complicazione, invece, è che questo comporta essere vincolati da un testo, avere un brief e un committente, dover rispettare della scadenze, avere una dead-line, delle linee guida, dei limiti, delle richieste da soddisfare. E tutto questo come si combina con l’ispirazione? Nella mia breve esperienza i due aspetti, apparentemente antitetici, non sono solo collegati, sono addirittura complementari. Io tendo ad essere ipercritica e pecco spesso di arroganza, nel senso che, ogni volta debba disegnare qualcosa, mi aspetto che risulti la cosa più originale della terra, mi aspetto che debba strabiliare il mondo. E in nome di questo rimando all’infinito e non ultimo mai nulla. Un po’ perché «No, c’è ancora qualcosa che non va…Così fa schifo» e un po’, perché «Non è abbastanza» non è all’altezza delle fantasmagoriche aspettative che avevo quando ho iniziato a lavorarci. Per fortuna a questo punto interviene la realtà: il committente e la scadenza. Mi ricordano che sì, non ho ancora considerato tutte le possibili sfumature di verdi per com- pletare quel filo d’erba sul bordo, e che sì, i fili d’erba dell’illustratore famoso X, quelli si che sono fili d’erba degni di esistere, io con i miei 4 pelucchi verdi dove voglio andare e bla bla bla….Ma io entro le 8 di domani mattina la mia illustrazione del prato la devo consegnare. Avere un vincolo commerciale mi aiuta a prendere delle decisioni creative, che altrimenti per perfezionismo o per insicurezza rimanderei ossessivamente, non sempre a vantaggio dell’immagine in questione.
4 Molte volte un’ opera riscuote successo e interesse grazie alla bravura dell’illustratore. Per quali opere hai creato i tuoi capolavori.
Il mio primo gioco in scatola pubblicato è Dungeon Bazar della Cranio Creations, dalla collaborazione con la ‘Cranio’ sono nati anche La torre dei mostri, un mazzo di carte francesi e uno napoletano e Tesseract, edito da Giochi Uniti. Ho illustrato poi per AEG (Alderac Entertainment Group) il gioco Flock. Di recente ho svolto alcuni progetti editoriali, come un libro di fiabe illustrato (di cui ancora non posso indicare la casa editrice, dal momento che il libro non è ancora stato pubblicato). Ho poi svolto altri lavori per un agenzia di pubblicità social e per alcune riviste.
5 Quali sono le difficoltà nel intraprendere questa figura artistica.
La sfida più ardua è riuscire a combinare il mio desiderio di diventare sempre più brava nel mio lavoro e allo stesso tempo gestire in modo efficiente i rapporti con la committenza. Spesso è difficile riuscire ad esprimermi, produrre qualcosa in cui senta di aver messo tutta me stessa, e allo stesso tempo soddisfare i gusti del cliente. Per questo io cerco il più possibile di vedere qualsiasi commissione come un’ opportunità per evolvere, dall’amico del bis-cugino che mi chiede un logo per la sua osteria, ovviamente gratis (sperando di poter ambire almeno a qualche grande abbuffata), al magnate delle carte da gioco che mi chieda di illustrare il suo prossimo mazzo di punta. Un illustratore deve destreggiarsi fra varie complicazioni: occorre trovare una soluzione bella per una tavola, dare il massimo, e, contemporaneamente, tenere presente le direttive di un art director, che vuole che il manifesto per la maratona over-70 del quartiere sia colorata di un tono verde acido (e poi magari si lamenta che i vecchietti sembrano tutti extraterrestri-zombie e che la tavola non trasmette la freschezza e l’energia che si aspettava…), sapere che la dead-line è dopodomani, essere preoccupati che con il compenso per la tavola dovrò pagarci le bollette del prossimo mese, che il lavoro dovrà essere utile a procacciarmene altri, ovvero dovrà venire bene abbastanza, perché il mio lato iper-critico lo ritenga sufficientemente degno di essere inserito nel portfolio, ecc.. Ci sono occasioni in cui la pressione esterna (il tempo e i clienti) o interna (un giorno con la luna storta, o un periodo in cui le idee sono andate tutte in vacanza senza di me) mi condizionano totalmente, e allora la fretta di consegnare o la sfiducia nelle proprie capacità prende il sopravvento. A quel punto finisco per rifugiarmi in quello che ‘già so’ e per riprodurre soluzioni di forma, colore o composizione in cui mi sento già forte; alla fine consegno qualcosa che è professionalmente valido, ma che sento non appartenermi fino in fondo e di cui non sono davvero orgogliosa. Ed è un peccato. E’ bellissima quella sensazione di coinvolgimento nel lavoro, quando essere concentrati non è più uno sforzo e quello che stai facendo ti cattura a tal punto da non sentire le ore passare davanti al computer. Le soluzioni sembrano presentarsi così, una alla volta, ed è la stesso disegno che hai davanti a suggerirtele. E alla fine, quello che hai prodotto, ti sembra la cosa più strepitosa del mondo. Questa sensazione dura circa cinque secondi, dopo di ché cominci a notare che «La prospettiva un po’ sballata, la mano un po’ storta…Quel braccio non si capisce bene da dove spunti e la pecorella mi sembra un po’ strabica», insomma la tavola torna a farti schifo. Ne vedi tutti i difetti e torni cosciente di quanto il tuo lavoro sia ancora infinitamente perfettibile. Ma questo, a pensarci, è meraviglioso, perché significa che durante quel lavoro il tuo senso estetico è cresciuto. Che dentro di noi c’è una tensione a migliorare inesauribile, infinita! E’ indispensabile nell’interesse del lavoro stesso che questa spinta creativa si scontri con le esigenze della committenza: la difficoltà sta proprio nel cercare di mantenere un equilibrio e destreggiarsi tra questi due fattori. Da una parte mandare giù qualche rospo con i clienti e accettare di dedicare metà del proprio tempo a cercare nuovi contatti e all’auto-promozione del proprio lavoro (tramite i social, via mail, alle fiere, ai colloqui); dall’altra è fondamentale ritagliarsi degli spazi che ci consentano di lavorare sereni e di escogitare nuove soluzioni creative. Occorre non farsi condizionare eccessivamente ed essere consapevoli che mantenere delle buone condizioni di lavoro incide sulla qualità di quello che creiamo.
6 Usi qualche tecnica particolare nel realizzare i tuoi lavori?
Lavoro per lo più in digitale e sono piuttosto eclettica. A differenza di molti illustratori, non mi riconosco in uno stile unico e, sebbene riscontri delle costanti all’interno dei miei lavori, mi piace spaziare in una gamma di generi molto ampia, da stili più pittorici ad alcuni più vettoriali. Ciò che emerge spesso nei miei lavori è l’utilizzo delle linee curve. Mi piace creare giochi dinamici o forme particolari a partire la linee sinuose e tondeggianti. Cerco questa armonia sia che lavori con immagini raster in Photoshop sia che lavori in Illustrator.
Ringraziandola augurandogli tanta fortuna per il suo lavoro, aspetteremo con molto entusiasmo i suoi futuri capolavori da presentare a voi lettori.