L’opportunità di poter intervistare, un personaggio così versatile, come Gianluca Falletta è stato un vero piacere. Un’ artista che è un cosplayer ma nello stesso tempo è uno showman con idee geniali che rende uno spettacolo unico, riassunto in una parola sarebbe “genio” oggi si usa “Imagineer”.
Molti lo conoscono come Satyr per via del suo portale “Satyrnet”, punto di riferimento per gli amanti della cultura pop, altri lo avranno visto al programma “Italia’s Got Talent” con una scenografica prestazione artistica , altri lo avranno conosciuto in raduni e fiere del fumetto e del cosplay….
E allora andiamolo a conoscerlo attraverso le sue parole:
Ciao Gianluca e grazie prima di tutto di aver accettato.
Creativo e artista di Parchi di divertimento, da oltre 20 anni divulgatore del cosplay come forma artistica-culturale, organizzatore di eventi, show e spettacoli. Chi è in realtà Gianluca Falletta?
Un Nerd, prima che questa parola diventasse di moda. Sono una persona fortunata perché posso dire che sono riuscito a trasformare le mie passioni nel mio lavoro seguendo costantemente la frase di Walt Disney: “Se puoi sognarlo, puoi farlo”. Sono un appassionato di fumetti e di giochi e, soprattutto, di creatività: amo esplorare, leggere, condividere e creare emozioni, in qualsiasi forma esse si manifestano.
Da dove nasce la passione per l’intrattenimento e la creatività?
Potrei dire “giocando con i Lego”. Eh sì perché nella mia infanzia i Lego non rappresentano solo “strumenti per costruire” ma spunti per creare storie. Storie che mi hanno accompagnato trasformandosi dapprima in sogni e ora in veri e propri progetti. I personaggi che ho creato da bimbo ora accompagnano le mie creazioni e si sono trasformate in emozioni per migliaia di persone. La creatività non è solamente un atto, è un modo di vivere e sopravvivere, di vedere le cose intorno a noi, di carpire le potenzialità di qualsiasi cosa e preformarle per qualcosa di diverso. Chiunque nasce creativo per definizione, basta non dimenticarsene crescendo!
Quando hai iniziato a pensare di trasformare le tue idee come forma lavorativa.
Sono stati tre momenti che hanno segnato l’incipit della mia vita lavorativa. Innanzitutto il primo accadimento parte da una storia un po’ triste. Diciamo che quando passavo dall’età dell’adolescenza a quella adulta ho affrontato una tragica “sfida famigliare” che mi ha costretto a casa per tanto tempo (e che purtroppo si è conclusa nel peggiore dei modi): in quel periodo nacque Satyrnet, un blog ante litteram e una comunità per gli appassionati nerd che muovevano i primi timidi passi nella rete, fuori dal confort della loro solitudine. Sono passati più di 20 anni da quel momento. Poi, con Satyrnet, ho iniziato a collaborare con le “Fiere del Fumetto” che, a quel tempo, erano avvenimenti per pochi intimi, non il successo commerciale moderno: in queste manifestazioni ho indossato per la prima volta un cosplay (vi ricordo che a quel tempo erano fatti di scampoli di stoffa, cartone, colla vinilica e tanta, ma tanta, fantasia). In quel momento è nato il mio amore più grande, per il Cosplay e per i Cosplayer, amore che mi ha spinto a pensare, realizzare e produrre tanti e tanti eventi settori… Ma questo lo sapete già. Altra storia è che a metà degli anni 2000 entrai “per puro caso” in una delle più grandi agenzie di Eventi in Europa (e probabilmente al mondo). Fresca fresca dal successo delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006: lì la mia creatività si è trasformata in professione e ho iniziato a vivere di quello che la mia mente poteva sognare.
Puoi vantare collaborazioni con tanti personaggi. Chi ricordi con molto piacere?
Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, quando Star Wars si chiamava Guerre Stellari e i fan italiani si contavano sulle dita di una mano, ci riunivamo (eravamo proprio pochi) in una cascina delle campagne umbre in mini-convention invitando gli attori della trilogia che tanto ho amato… Lì conobbi attori come Jeremy Bulloch (Boba Fett) o Michael Sheard (ammiraglio Ozzel). Ecco non erano questi “nomoni” ma mi ricordo fu il primo passo in un universo più grande… Oppure posso citare quando, lavorando per il film Gangs of New York di Scorsese, conobbi Liam Neeson e, con una malcelata timidezza, ebbi con lui il primo giorno, uno scambio di saluti del tipo “My Master” / “May the Force be with you”… Oppure quando Daniel Day Lewis ci portò le sigarette di sottobanco su un set o quando mi ubbriacai, dopo un live, con James Blunt sul Campanile di Plaza de Espana a Siviglia (Naboo per gli amici starwarsofili). Ovviamente nell’ultimo anno non posso che ricordarmi delle lacrime di Federica Pellegrini dopo il mapping-tributo che ho realizzato sul suo corpo a Italia’s Got Talent. Ho lavorato con tanti personaggi “celebri” nella mia carriera, ma forse quello che mi ricordo con amore particolare è il Maestro Ennio Morricone quando abbiamo realizzato la colonna sonora per il Parco a tema Cinecittà World e la passeggiata con lui nel cantiere appena completato.
Sei un appassionato di anime, arrivi da quella generazione definita “Generazione Goldrake”. Hai così potuto goderti serie cult come Mazinger Z, Candy Candy, Goldrake che ancora oggi sono ricordate come punto fermo della cultura dell’ animazione Nipponica. Che cosa ti hanno lasciato e ritieni che fra 40 anni, gli anime di adesso saranno ricordati così tanto come quelli degli anni 80?
Cosa mi ha lasciato? Ciò che sono! Noi siamo cresciuti fruendo cartoni animati che non erano stati “realizzati per il nostro target” e che sono stati, il più delle volte, stuprati dall’adattamento italiano, eppure siamo cresciuti con un sistema valoriale, un gusto artistico/creativo, una conoscenza di un mondo alieno (mi riferisco al Giappone che, negli anni ’70 – ’80 sembrava un luogo lontanissimo per tutti, tranne che per i bambini che conoscevamo a memoria la toponomastica di Tokyo). I cartoni animati di adesso sono diversi, sono probabilmente migliori: sono prodotti studiati ad hoc per il target a cui sono rivolti, hanno le storie giuste, i colori giusti, le musiche giuste, sono perfetti! Forse però il nostro fruire incoerentemente materiale selvaggio, violento, epico, triste, sexy, storico ci ha fatto incontrare prima la tragedia, ci ha insegnato come affrontarla, ci ha dato valori su cui basare la nostra vita. Rido sempre, riferendosi ad una generazione “a metà” tra quella attuale e la nostra, sulla presunta tristezza nell’assistere alla morte di Mufasa. Voglio vedere ‘sti giovinastri reggere alla morte di Toki, fratello di Ken e di Raoul, o assistere a Sirio il Dragone mentre si acceca per salvare i propri compagni!
Come accennato in presentazione, ti occupi anche di cosplay da oltre 20 anni. Ti ricordi ancora la tua prima esperienza? Soprattutto come lo consideri l’evoluzione di questo fenomeno? Se dovessi dare un tuo giudizio attraverso un pregio e un difetto.
Come dicevo prima, il Cosplay, quando è nato in Italia era un gioco: un bellissimo gioco fatto di fantasia, semplicità, forbici, due metri di nastro adesivo e i trucchi rubati dalla pochette della mamma. Eravamo pochi, incoscienti e considerati dall’esterno come un gruppo di sociopatici in costume da carnevale. Eravamo emarginati ma felici. Io ho lavorato negli ultimi 20 anni per cambiare questa prospettiva: cercando di modificare quella iniziale “perplessità” dall’esterno traducendola in forza creativa e propositiva per i Cosplayer. Ho cercato in tutti i modi di mostrare questa passione “strana e colorata” come vera e propria arte, come un grande rimedio sociale, come uno spunto di condivisione e di amicizia, come mattone su cui creare comunità online e fisiche proattive nel trasformare una fruizione passiva di un media in un potere generativo. Forse ci sono riuscito… Ora il Cosplay non è una moda passeggera da pscicopatici ma un vero e proprio movimento che abbraccia arte e socialità: cito ad esempio un concetto “fisico” del cambio di fruitori di questa passione: quando il Cosplay ha avuto inizio io ero un tipo standard (ciccione con il pizzetto, il classico secchione emarginato), ora, 20 anni dopo, il tipico cosplayer maschio ha il fisico alle Leon Chiro o alla Maurizio Merluzzo. Questa è una battuta ovviamente, ma la uso come spunto per dirvi che ora il Cosplay non è per chi era considerato ultimo, ma per chi vuole essere il primo. Questa affermazione ha moltissimi risvolti positivi, ma anche qualcuno negativo ovviamente. Il fenomeno è sicuramente cambiato: pensate al concetto di eventi. Per i primi anni, i cosplayer utilizzavano il palco delle Fiere per mostrare le proprie creazioni nei classici Cosplay Contest: era quello il culmine del loro impeto creativo che concludeva l’arco di realizzazione dei costumi e dell’interpretazione dei personaggi che aveva occupato il cosplayer per mesi. I cosplay Contest divennero così belli e importanti che divennero ben presto, in tutte le fiere, gli eventi conclusivi della “domenica pomeriggio”, il saluto dell’Evento ai suoi visitatori e l’arrivederci cerimoniale all’anno successivo. Ora non è più così: l’interesse verso il Palco è scemato e la sintesi dell’espressione Cosplay si manifesta piuttosto dei photo-set organizzati nelle varie fiere, momenti che considerano l’evento ospitante, ormai, quasi accessorio. In poche parole, prima si ambiva al Palco di Romics, ora piuttosto a scattare e farsi scattare foto nelle paratie degli specchi.
Attualmente viviamo un periodo drammatico, dovuto al Coronavirus. Molti progetti saranno stati cancellati o rimandati. Come la si vive per chi è sempre a contatto con il pubblico con eventi e spettacoli?
È un periodo difficile per tutti, tragico che ci spinge a riflettere su noi stessi, su cosa facciamo e, soprattutto, su come migliorarci (in tutto, non solo nel lavoro). Per chi lavora nell’entertainment il problema è enorme: non solo si è bloccato tutto, come tutte le altre professioni ma, sicuramente, il settore “divertimento” sarà l’ultimo a riaprire i battenti e lo farà stravolto. Ma la vita mi ha insegnato sulla mia pelle che da ogni momento buio si posso, anzi si devono, trovare le giuste opportunità per ricominciare: come una fenice. Fruire Parchi divertimento, eventi e fiere sarà diverso, noi dobbiamo essere pronti a leggere e performare le nuove esigenze dei nostri clienti. Adesso, per esempio, mi sono buttato anima e corpo nei progetti digitali di virtualizzazione degli eventi: un passo importante per una società che (finalmente) sta scoprendo lo smart working. Presto scoprirà l’emozione dello smart entertainment!
La cultura pop è diventata di dominio pubblico, magari una volta si usavano termini come “Nerd”, “Otaku”, “Anime fan”…. ma secondo me è sempre esistita questa forma sociale di cultura, attraverso personaggi particolari come Omero, Dante, Tesla, Houdinì… cosa ne pensi?
Cosa vuol dire cultura dopotutto? Ognuno di noi ne sviluppa una nel corso della sua vita: alcune pietre miliari sono comuni altre sono del tutto personali. La cultura che ognuno di noi incamera è figlia dei momenti, delle situazioni, della società e dei gusti personali. Dunque non esiste una sola “cultura” ma sussistono innumerevoli modi per viverla e interpretarla. Noi siamo noi grazie a quello che abbiamo letto, visto, sentito, amato; ognuno nel suo speciale modo di emozionarsi per ciò che vive. Ognuno è stato fan di qualcosa, ognuno ha anche rigettato i propri poster in cantina, ognuna da grande ha anche rigiocato con quegli oggetti che aveva seppellito in qualche baule, magari con l’obiettivo di donarli al proprio figlio realizzando quella trasmissione culturale, quell’eredità di pensiero e di gusto che farà sì che ciò che amiamo, e come lo amiamo, non si fermi con noi.
In tutti questi anni, qual è stata la soddisfazione più grande? Escludendo tutte le conquiste amorose!
Eh sì escludendole 😀 dopotutto dopo Italia’s Got Talent ho riscosso un enorme successo, purtroppo non del sesso a cui sono interessato, ma i complimenti sulla mia rotonda bellezza fanno sempre piacere! A parte gli scherzi e al fatto che, dopotutto, sono anche io “occupato”, potrei citarvi quando, nel 2008, mi sono ritrovato (mio malgrado) nella cabina di regia di uno degli eventi del Sabato grasso del Carnevale di Venezia a Piazza San Marco, oppure di quando mi sono affacciato per la prima volta sulla balconata della nuova Fiera di Roma per osservare l’entrata delle persone in Fiera, oppure quando ho presentato il Cosplay Contest di Lucca Comics, l’evento Star Wars alla Reggia di Caserta, l’inaugurazione di Cinecittà World e di Luneur Park (trovare i video online che piango come un bimbo dopo aver aperto entrambi i parchi), la finale di Italia’s Got Talent… Non vorrei sembrare eccessivamente poetico: ma è la verità. Il mio lavoro è fatto di emozioni, io creo e regalo sogni: quindi ogni sorriso, ogni lacrima, ogni risata, ogni esclamazione di bambini di ogni età per me è una soddisfazione. Vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro. Come tutti i cosplayer veterani sanno, sono solito prima dei contest fare un discorso che si conclude con il concetto che “nessuna giuria potrà mai valutare la passione, la condivisione, l’ardore, la creatività, i successi che ogni cosplayer ha infuso nel proprio costume nel realizzarlo, perciò il miglior premio che ogni cosplayer potrà mai ottenere da una gara è quello che ha già indosso”; similmente le emozioni, miei e di chi partecipa alle mie folli iniziative, è sono ciò che creo, ciò xhe mi fa vivere, ciò che mi sostiene e, soprattutto, ciò che mi fa addormentare, ogni sera, sereno di aver fatto il mio dovere verso questo mondo!
Come ti vedi fra 10 anni: sulla spiaggia di una bellissima isola della Micronesia in compagnia di belle donzelle. Oppure al circolo della bocciofila a giocare a briscola con il sottoscritto?
E chi lo sa? Probabilmente prima o poi aprirò un bel pub e mi ritirerò tirando freccette e sorseggiando birra irlandese, ma per ora ho ancora tanto da creare e da dare agli altri: obiettivi sempre nuovi, esperienze sempre diverse. Chi fa il creativo è come un giocatore di calcio, non ha una lunga carriera: prima o poi deve rendersi conto che ha più la capacità di capire i desideri della società è deve fermarsi per non rischiare di diventare autoreferenziale e stantio. Ma fino a quel momento ne ho di galassie da creare ed emozioni da regalare: dipende tutto da voi, il giorno che non riuscirò più a farvi sognare … avvertitemi. Da quel momento vi offrirò una buona pinta di Grog.
Per conoscere tutte le prossime novità che Gianluca realizzerà e proporrà, non dovete far altro che seguirlo su:
www.gianlucafalletta.com