Tsuhara Yasumi
lo scrittore giapponese
«già morto una volta»
«Tsuhara Yasumi è un demone. O forse certo è già morto una volta»
Kirino Natsuo
È ora di riaprire la porta di Tamasaka, il negozio di bambole nato dalla penna del maestro del thriller e dell’introspezione, Tsuhara Yasumi.
Mio è una trentenne smarrita che ha ereditato dal nonno il vecchio negozio di Setagaya, dove si riparano bambole e sogni; si sente una vecchia zitella incapace, ma ad aiutarla ci sono Tominaga-kun, bizzarro e abilissimo artigiano, e il misterioso Shimura, un uomo di mezz’età specializzato in bambole tradizionali, che si nasconde persino dalle persone con cui lavora.
Il terzetto funziona, l’attività decolla, le riparazioni attirano nella bottega un’umanità variegata, complessa.
A portare scompiglio nella vita del negozio saranno una Licca-chan, imbrattata con un pennarello rosso indelebile, una bambola i cui capelli si allungano misteriosamente e un manichino, opera di un celebre artigiano…
Il negozio di Tamasaka è metafora della creazione letteraria in quanto tale.
Ad esservi «riparate» non sono solamente le disiecta membra degli ambigui umanoidi «ningyō» (termine giapponese che letteralmente indica qualcosa «dalla forma di essere umano»). Prima ancora, lo sono le stralunate vicende «umane» degli acquirenti che, da tali «umanoidi», sono come ossessionati.
Come il torso delle bambole Ichimatsu si compone di più parti, unite tra loro dalla stoffa, così le cinque «nuove storie» dei cinque nuovi clienti di Tamasaka sono tenute assieme e «riparate» dalla scrittura di Yasumi. In quello che, come peculiare «collana di racconti», può essere considerato a tutti gli effetti un «romanzo».
Ma si tratta di vicende veramente «umane»?
L’introspezione psicologica dell’autore possiede un risvolto «thrilling». Che si tratti della Licca-Chan o di un Odamaki-hime, ciascuno dei clienti del negozio trova in una bambola, in questa «creatura di confine», il «doppio» dei propri timori, dei propri desideri.
Un doppio che – come tutti i «Doppelgänger»letterari – ci ricatta con la proposta inquietante di un ribaltamento dei ruoli. Perché inquietante, e irresistibile, è il Giappone di Yasumi. È un mondo in cui le bambole sono offerte come talismani – in occasione della «Festa delle Bambine» – o seppellite come fossero defunti nel corso del «ningyō kuyō».
Soprattutto, però, è un mondo in cui tutto ciò che occorre sapere è quello che le bambole, come cosa viva, ci raccontano senza parlare dei clienti loro possessori. Forse, dei clienti loro «posseduti». Quasi fossero proprio loro, in fondo, cosa morta.
Del resto, come ha scritto Kirino Natsuo, la «regina» del noir giapponese, «Tsuhara Yasumi è un demone. O forse certo è già morto una volta».
L’autore
Nato a Hiroshima nel 1964, Tsuhara Yasumi ha pubblicato romanzi per ragazze dal 1989, riscuotendo un grande successo. Nel 1997, con l’apprezzato romanzo Yōto, debutta anche nel genere horror, per poi dedicarsi in seguito alla letteratura senza aggettivi, diventando uno dei più sofisticati e interessanti scrittori giapponesi contemporanei.