La prima parte dell’intervista al fotografo Andrea Bonvissuto è stata pubblicata qualche giorno fa nell’articolo, in cui ci faceva un approfondito resoconto sulla kermesse di Romics.
Più che un’intervista con Andrea è stata una chiacchierata che ha toccato tanti temi inerenti al cosplay, dalle sue parole si assaporava il suo interesse verso questa forma di arte, l’emozione nel raccontare di fiere in cui tutto poteva accadere come Hasta Cosplay, Rumicon, Rimini Comix…. Ma anche situazioni paradossale , eventi ormai non ripetibili perché tutti troppo seri, tutti convinti di partecipare a reality e non a ritrovi . I cartelli esposti dal giurato a Lucca con la scritta “w la gnokka”, al premio Miss e Mister Cosplay venne introdotta la menzione “le migliori tette”, menzioni del calibro “nanetto di gesso”, “Badilata sui C….”, “ a volte ritornano!”, oppure durante il cosplay senza frontiere, durante la vestizione un concorrente rimase con una parte del corpo in bella vista…
E come non citare personaggi che non si sono mai presi sul serio, realizzando scenette autoironiche? Dai Balordi, ai vari Pietro Balordo Bombolo, Silver, Black Fish ( con il mitico 892 892), Stab, Shiro Amada ( con il premio la più pisellabile, alla premiazione in un albergo più di 50 persone ad assistere), Gendo, Talpy, Balordo Mai, Otaking, Saky, BauMiao, Sendo, la mitica Associazione Anaco….
Fare questo oggi costerebbe critiche su critiche….. e addio goliardia!
Adesso andiamolo a conoscere meglio Andrea Bonvissuto Alias Psy e tutto quello che non avreste mai immaginato del cosplay tette, giurati corrotti e incapaci, Yoda in accapatoio, palchi distrutti ( vedesi Forlimpopoli), esibizioni indimenticabili e cosplay ubriachi…..
– la passione x la fotografia, in particolare modo x il cosplay, come e quando nasce.
La passione per la fotografia nasce banalmente con una macchina fotografica di plastica regalatami a 7 anni dalla SIP (la vecchia Telecom) che a Natale omaggiava i figli dei dipendenti. Sembrava un giocattolo, ma ospitava il vano per un rullino 110mm. Le foto erano pessime, stamparle costava un botto, ma è stato il primo approccio. Il vero hobby è nato nel laboratorio di educazione tecnica delle medie dove c’era una piccola camera oscura per il bianco e nero. E’ stato così che ho avuto la mia prima Zenith 135mm con la pellicola B/N per poterle sviluppare a scuola. Da lì il percorso è stato in discesa con la prima reflex Pentax con 3 obbiettivi (50, grandangolo e tele) fino al passaggio al digitale con Canon che ha sfociato 9 anni fa nella 5D Mark II che tutt’ora uso per affetto e grande potenzialità per il mio uso. Devo anche dire che Alice Chimera mi regalò un obbiettivo spettacolare da associarci (70-200 f2.8 serie L), quindi insieme al classico 24-125 f4 serie L e il 50mm f1.4 ho tutt’ora un’attrezzatura di tutto rispetto seppur datata. Nel 2006 ho unito due passioni, la fotografia ed il cosplay. Negli anni 90 ci si vestiva soprattutto per andare a vedere i film di Star Trek o Star Wars (nel 1996 ero “Il secondo ufficiale Data” all’anteprima di “First Contact” a Milano) e il cosplay in se in Italia era in fase di nascita. Così grazie ad A.Na.Co. e la vittoria al WCS del Team Italia, e un po’ per una casuale amicizia con Lilletta (Elisabetta Tosi, ormai importante Youtuber) ho avviato per passione il primo portale italiano indipendente con foto sparse delle fiere varie. A quel tempo ovviamente c’era il forum “Lilla” di Giorgia Vecchini, ma ovviamente era nato come sua community. Quello che volevo era un sito dove la gente poteva trovare le mie foto dei loro abiti, senza fronzoli e ricerche complesse. Così a suo tempo creai le “CosMate” sul sito, per onorare alcune cosplayer gnocche (bhè si, alla fine ero un cavaliere della “Sacra Gnocca” e dovevo onorare il titolo nobiliare datomi da chi mi sta intervistando!) e il vecchio progetto “ComsoPlay” che cessò perchè pestava i piedi a “Cosmopolitan”. No, non sto scherzando, ho ancora la lettera degli avvocati di Roma. Verso il 2011 iniziai un percorso di crescita, perchè scattavo primariamente ai cosplayer e la community stava evolvendo velocemente a livello fotografico. Ero solito fare la foto classica intera per il sito, qualche foto ai dettagli, ma eravamo agli albori dei primi posati cosplay fatti con criterio. Persone come Michele Albrigo, Luca Albrigo, Cesare Marino o Marco Nardi stavano dando l’input per portare il cosplay fuori dallo schema rigido dell’abito, verso foto artistiche di livello con luci, inquadrature e location ricercate. Seppure mantenevo il vecchio stile per esigenze web, la curiosità di ampliare i miei orizzonti mi spingeva ad osservarli e disturbarli per imparare, cogliere e migliorare gli scatti. Pian piano tutto si è evoluto ed ora preferisco scattare fuori fiera i posati, agli eventi ho ancora il retaggio delle foto durante le esibizioni.
– Hai assistito eventi cosplay in Italia e all’estero, che idea ti sei fatto in circa 14 anni di carriera?
Non è facile rispondere perchè fotograficamente sembrano passate due ere. Nel 2006 avevo una delle prime reflex digitali Canon di fascia bassa e la usavo per foto di reportage più che artistiche, sempre assolutamente in manuale ma non sfruttando appieno le potenzialità della stessa e dei cosplayer per avere scatti ottimali. Fino a circa il 2010 tutto scorreva su quei binari, poi ha iniziato un evoluzione importante. In qualche modo all’estero avevamo già una situazione fotografica più avanzata, con un fotografo russo per esempio che dava realmente fuoco ai covoni di paglia per aver le fiamme nella composizione o le riviste giapponesi in cui la postproduzione già era parte normale ed integrante degli shooting. Io stesso verso il 2011 ho iniziato ad interessarmi molto di più alla composizione creativa e usare la postproduzione come migliorativo degli scatti, grazie anche ad un importante cambio di attrezzatura. Tutt’ora molto lo devo a Cesare Marino che mi ha permesso di venire in contatto con le luci da studio anche usate all’esterno, oltre che a Matteo Arienti, Nadia Baiardi e Matteo Cazzaniga che in molte occasioni mi han prestato le loro per qualche set in fiera o in location. Poi qualche anno fa, complici le stagioni lavorative, ho dovuto dare uno stop pesante a tutto questo rientrando nel giro negli ultimi sei mesi in un contesto completamente differente. Attualmente i fotografi sono tanti, ben attrezzati, molto avanti anche tecnologicamente e digitalmente, con un’idea molto più precisa e conscia di come rendere al meglio un cosplayer con luce controllata e location mirate. In fiera l’evoluzione è stata la forzatura della foto buia con luci colorate e fumo, all’esterno il flash a slitta separato dal corpo con relativi pannelli riflettenti. Un tempo certi oggetti erano costosi e spesso poco affidabili, pian piano i siti online (e la produzione cinese a costi contenuti) hanno messo alla portata di tutti gli appassionati diversi giocattolini discretamente funzionanti per lo scopo non commerciale. L’idea è che ad oggi anche in Italia siamo fotograficamente competitivi in scatti di alto livello, pari a molti di quelli esteri agognati dai cosplayer italiani, anche se livelli eccelsi si contano raramente nel panorama italiano. Fieristicamente parlano, collocare un abito un modo corrette nell’ambiente è il più delle volte impossibile, quindi per quanto lo scatto sia bello manca sempre del pathos che ti può dare una location adeguata. Come detto prima puoi usare lo stratagemma del buio e schema luci per ovviare, ma il risultato alla lunga diventa piatto e seriale. Come sempre quindi, il meglio viene dato negli eventi specifici quali “Volta in Cosplay” o “Villa Pfanner” dove il connubio perfetto tra cosplayer e fotografo si consolida con spazi particolarmente spettacolari per collocare abiti specifici. La realtà è che spesso anche questa formula ha le sue pecche; nonostante la preselezione molti bravi fotografi rimangono con pochi scatti oppure splendidi cosplayer vengono scattati da pochissimi fotografi. Un altro aspetto che ultimamente mi ha colpito è stato il crescente numero di fotografi a pagamento con slot predefiniti in fiere specifiche. Ho sempre scattato gratis, con buoni o cattivi risultati poi non sta a me decidere, quindi quando mi sono proposto per uno shooting senza compenso e mi è stato detto di no, ho approfondito la questione. Il sunto è che per alcuni cosplayer scattare gratis ha tre controindicazioni: non possono pretendere gli scatti dopo due giorni, non possono decidere quali foto pubblicare e quali no, ma soprattutto se non ti fai pagare è perchè i tuoi scatti non li vuole nessuno. Io sono molto critico sul mio operato e conosco i miei limiti, ma pagare per alcune foto che vedo in giro significa avere poco buon senso. Ho visto lavori eccellenti gratuiti di “Volta in Cosplay”, come set a pagamento inguardabili. Eppure si preferisce a priori spendere soldi, anche totalmente anticipati con i problemi annessi in caso di rinuncia di una delle parti, per avere lavori di minore fattura ma un controllo più diretto. Questa situazione è una sconfitta dell’ambiente fotografico di livello, perchè significa che finora si è dato un servizio cattivo in molti sensi. Se un cosplayer ha le sue foto dopo due anni, se un cosplayer viene trattato meno bene di un altro perchè ha meno visibilità, se un cosplayer viene scartato perchè il fotografo scatta ragazze, ecc … vuol dire che un po’ la community fotografi se l’è cercata sta rogna. Tutto ciò che riporto non è una teoria, ma dichiarazioni dirette che ho raccolto in questi ultimi mesi. Attualmente vivo molto da fuori la questione set cosplay un po’ per motivi personali ed un po’ perchè, nel mio tempo libero, con Valentina Hernandez ci siamo dedicati al modeling degli abiti che progetta e assembla, però sinceramente mi rattrista che si sia arrivati a questi estremi in cui i cosplayer vivono per farsi mille foto e scelgono di pagare chiunque pur di averle. Il dato certo è che anche la questione slot mette in difficoltà molti cosplayer che, non trovandone liberi, sono costretti a fare appelli accorati per accaparrarsene qualcuno in overbooking. I social media hanno lanciato il boom della visibilità a suon di likes e il mondo cosplay in generale ha risposto al richiamo; fondamentalmente però a fronte di tantissimi cosplayer ci sono sempre meno fotografi disponibili e preparati per proporre un servizio adeguato, anzi pian piano vedo defilarsi sempre più fotografi che perdono interesse in questo macchinoso sistema di interazione delle parti.
– La figura del fotografo è diventata fondamentale in una gara oppure è sempre ai margini?
Romics ha dimostrato come la figura del fotografo in una gara possa essere agli antipodi dell’inutilità o dell’essere fondamentale. E’ il punto di vista da cui lo guardi che ti dà la risposta più consona. Durante un’esibizione la foto presumibilmente potrebbe avere diverse forme ed inquadrature, ma il più delle volte non è ne artistica ne naturale. Possibilmente io cerco di catturare gli attimi migliori, conoscendo la scena come nel caso Buzzi/Capuozzo posso anche anticiparli e gestirli al meglio, in una scena completa con qualche piccolo zoom sul singolo partecipante. Il risultato è ovviamente variabile e discutibile perchè, sopratutto per motivi tecnici nelle fiere al chiuso, il micromosso, la sfocatura, la foto scura ed il “rumore” degli ISO alti sono sempre in agguato a rendere deprecabile la foto a livello di nitidezza e bellezza. In parole povere se prendi il cosplayer e lo porti in una zona decente della fiera fai un lavoro 100 volte migliore, usando la stessa scenografia, movenze ed espressioni di ciò che si è visto sul palco. Quindi potremmo dire che in realtà l’utilità è pari a zero. Le foto saranno per la maggiore mediocri e ne il fotografo ne il cosplayer saranno soddisfatti a livello estetico. Eppure le stesse foto sono allo stesso tempo un segno tangibile della presenza su un determinato palco, con le paure annesse, le emozioni, i tripudi, gli errori … insomma a livello emozionale spesso sono un ricordo inestimabile, rendendo prezioso quel lavoro mediocre. Ho preso Romics come esempio perchè ad oggi le uniche foto delle selezioni trovate in rete conducono a me e ad un altro fotografo. Nessuno dei due, anche per via della strumentazione e della posizione, è riuscito a fare un lavoro davvero apprezzabile, eppure per le ragazze sarde impossibilitate ad avere qualcuno che scattasse loro una foto sul palco sono gli unici ricordi di una giornata in cosplay, non essendo riuscite a farne di belle in un posato fotografico consono per via degli orari tirati.
– secondo te c’è un segreto x rendere al meglio un cosplayer
L’unico segreto è trattare in maniera educata e gioviale il cosplayer. Per poter avere il massimo occorre dare il massimo e dedicarsi completamente a lui. In primo luogo non è detto che sia una persona espansiva ne che sia solito scattare, pertanto bisogna stabilire un minimo di affinità per cui entrambi si è in sintonia sul tipo di lavoro da fare, garantendo una fiducia paritetica. Quando il cosplayer inizia con “dimmi tu che io non so posare” sai già che se non si scoglie e si tiene questa convinzione il tuo shooting sarà uno schifo. All’antitesi se inizia a muoversi ogni 10 secondi convinto che sia in uno set di moda dove devi fare 200 foto al minuto per poi sceglierne una, sai che riuscirai davvero a farne una sola decente. Insomma, puoi avere una luce incredibile, un cosplay perfetto e una location da sogno ma se non siete entrambi al 100% non ne esci. Ecco perchè trovo riduttivi gli slot fotografici, se mi servono 20 minuti per riuscire ad armonizzare il cosplayer con l’insieme non voglio dover scattare per 10 minuti in fretta e furia per poter tirare fuori le X foto concordate. Ogni cosa vuole il suo tempo, e non voglio vincoli temporali. Anche il fattore di dover a volte “guidare” il cosplayer ad assumere un posa differente, e più consona allo scatto, vuol dire spendere tempo, anche fosse solo lo sguardo o la rigidità di una spalla. C’è anche chi per velocizzare tocca il cosplayer aggiustando la relativa parte del corpo: niente di più sbagliato. Se la persona non gradisce che tu entri nel suo “spazio intimo” toccandola, hai finito di farla rendere al meglio! Infine il clou è voler rendere al meglio un soggetto che non piace; devi essere davvero tanto bravo per farlo. Quindi il segreto in questo caso è non scattare con quel cosplayer, fosse per antipatia o perchè non ti ispira. So che è un discorso spinoso, ma si perderebbe il tempo in due … e magari il cosplayer anche i soldi. Penso sia più corretto dire NO che scattare al 50% delle possibilità per qualche decina di Euro, soprattutto quando si hanno comunque altre persone che potrebbero riempirlo in maniera egregia ed in linea con il proprio stile. Se devi scattare reportage della fiera puoi fare tutto, ma se lo fai per esaltare un cosplayer si otterrà il risultato opposto. Spesso il cosplayer stesso percepisce il disagio del fotografo. Mi è capitata una volta una cosplayer che ogni scatto sistemava la gonna per paura che si vedessero le mutande. Questo fatto la distraeva così tanto da non permetterle di essere minimamente naturale. Un po’ per fortuna, ed un po’ perchè eravamo già in confidenza, sono riuscito a farla renderla davvero al meglio dimostrandogli che non avevo scattato, ne avrei mai scattato, una foto dove si vedessero proprio perchè non sarebbe stato ne corretto ne artistico. Sembra una banalità ma ha dimentico il problema concentrandosi solo sul suo corpo e le movenze del personaggio. Tutto alla fine era nato da un fotografo che in scatti pregressi era la ricerca ossessiva dello slip, tanto che faceva inquadrature dal basso apposta per coglierli. Quindi il rispetto per il cosplayer lo fa rendere meglio sia nelle tue foto che in quelle dei futuri colleghi, questo è uno dei veri segreti di Pulcinella.
– Negli ultimi anni i fotografi sono aumentati nelle fiere. È un bene? Bisogna mettere Delle regole? Oppure c’è troppi che si improvvisano creando disorientamento tra i partecipanti
Penso di aver risposto in parte qui sopra. Sotto molti aspetti i fotografi in rapporto alla richiesta shooting sono quasi pochi. Una fiera come Lucca richiama molti cosplayer che non trovano slot nei serrati ranghi di molti fotografi. Quello che mi chiedo è più che altro quanti siano davvero all’altezza di svolgere questo compito in maniera tanto professionale da chiedere un compenso che potrebbe oltretutto diventate un problema fiscale. Non bisogna dimenticare che in primis per chiedere soldi bisognerebbe avere una partita iva per lo meno ai regimi dei minimi, visto che se lo fai a tutte le fiere non è “prestazione occasionale”. Forse sono io ad avere la mente chiusa ma, in molti casi, io non spenderei soldi per alcune foto che vedo in giro; se pago voglio vedere delle foto con la F maiuscola. Questa è già la prima discriminante per cui io non scatto a pagamento nel cosplay, non posso paragonarmi ad alcuni fotografi che per esperienza e creatività meritano ogni centesimo dei soldi che prendono. Purtroppo molti cosplayer si adattano alla necessità di foto prendendo ciò che viene, senza pretendere una certa qualità, senza cercare di avere scatti davvero notevole e fuori dal comune. L’altro lato della medaglia è che i fotografi, per poter percepire qualche somma apprezzabile, lavorano a cottimo badando molto meno al prodotto finale e molto di più al numero di appuntamenti. Come detto sopra, per fare un buon lavoro ci vuole tanto tempo, cosa di cui si scarseggia per fare numeri. Poi potremmo distinguere i posati in esterna e quelli all’interno. Nel primo caso devi proprio impegnarti per fare una foto eccezionale sfruttando la luce naturale e il flash a slitta (a meno di avere luci da studio con generatore autonomo). In questo caso se sei bravo ed hai l’intuizione giusta puoi creare dei veri capolavori. All’interno hai la vita facile di luci controllate e calibrate, sta a te poi con fumo e gelatine fare la differenza, soprattutto poi in post-produzione con effetti consoni e accattivanti. Non è facile neppure la seconda opzione tutto sommato, ma è molto più gestibile, più veloce per fare tanto in poco, le foto sembrano un po’ tutte uguali, ma l’effetto finale è garantito. Per una foto reportistica eclatante vanno benissimo, mostrano in maniera spettacolarizzata i cosplayer, ma quello a cui si punta in realtà è replicare le foto “drammatiche” e “emozionanti” dell’estero. In questo frangente hai una sola scelta, ma la bravura del fotografo qui è fondamentale, tanto quanto la mimica del cosplayer. Quindi riassumendo direi che, viste le richieste, è un bene che ci siano tanti fotografi. Anzi in alcuni casi ne servirebbe anche qualcuno in più. Sul fatto di disorientare oserei dare il mio parere nel frangente che ognuno ha una sua tecnica e visione delle foto, però spesso c’è una disparità così grossa di pensiero che potresti ritrovarti con in mano foto che per te sono orrende e altre adorano o viceversa. Tutti vorrebbero fare le foto “wow” come le straniere, ma raramente il risultato è quello perchè la vena artistica di ogni fotografo prende troppo spesso il sopravvento perdendo di prospettiva sul risultato finale. Spesso mi sembra che il cosplayer in Italia si sia disabituato ad avere foto di altissimo livello, pensando più al numero di quelle postate che alla qualità. Ovviamente spesso vedo molte eccezioni, eppure statisticamente quando parli con questi fotografi scopri che non sono inclini ad esserci a molti eventi, piuttosto scelgono fiere mirate dove sviluppare un progetto serio e valido di fotografia “emozionale” e non da “acchiapalike” farciti di effetti speciali. Come dicevo ultimamente in un articolo, vi sono anche fotografi professionisti che sono coinvolti nell’ambiente cosplay. E’ li che vedi la differenza e meticolosità di organizzare uno shooting per bene, invece che puntare ai grandi numeri. Fotografi che, se opportunamente incentivati, sono disponibili ogni tanto anche a forme di TF ma che danno davvero il senso di cosa dovrebbe essere uno shooting eccezionale e quindi meritevole di compenso.
– Tra le tante foto realizzate c’è qualcuna a cui sei molto affezionato?
Sulla questione ragiono molto più a comparti stagni, ho tendenzialmente set preferiti piuttosto che scatti singoli. Molti set sono nati per caso, altri per ragioni precise e a volte per sfida. Ognuno di essi ha un background di emozioni e ricordi che mi porto dentro, ma alcuni hanno un significato speciale per cui ne sono affezionato più di altri. Partiamo dal primissimo fatto la Canon 5D. Giravo ancora con la 450D e non mi decidevo a prendere in mano l’ammiraglia acquistata da quasi un mese. Quella mattina la misi in borsa, destinazione Rapallo. Era il 2011 e feci il primo tentativo serio di posato cosplay, chiedendo alla giovanissima Sara Marziali di posare per me da Alichino sulla scogliera. Furono le prime foto che contemplai per ore grazie al bellissimo soggetto, alla luce ed alla nitidezza data dall’attrezzatura di livello superiore. Pochi mesi dopo fu Cospladya a darmi la seconda grossa soddisfazione, grazie ad una scalinata interna alla location della fiera, la cui sala aveva un gioco di luci così perfette che scattai tre mini set (che tutt’ora ricordo con entusiasmo) a Giulia Gatti, Aura Rinoa e Daniela Maiorana. Tre cosplay differenti, stessa location, stessa postazione di scatto eppure tre giochi differenti di luce grazie ai props e agli abiti. Sempre con Daniela Maiorana, ma in coppia con Marika Roncon, penso uno dei set più riusciti seppur arrabattato nel post gara è avvenuto nel 2012 a Porretta Comix. Reduci dal WCS erano giurate dell’evento, chiesi di poter fare con loro due foto ma inaspettatamente luce e location si rivelarono un’eccezionale connubio che trasformò quel “paio di foto” in uno shooting eccezionale. Infine l’altro shooting a cui sono affezionato terribilmente è del 2013, nella chiesa bresciana di Barbariga con la spettacolare Esther Blanchett di Valentina Hernandez. Abito favoloso, luci in prestito e location fuori dal comune; in pratica il set più blasfemo, e nello stesso tempo studiato a fondo, che abbia fatto in ambito cosplay. Potrei mettere tra le foto a cui sono affezionato uno scatto estemporaneo di Leon Chiro a Cartoomics 2015 che ci frutto quasi 64.800 likes sulla pagina ufficiale di League of Legends, ma li fece tanto l’aderenza al personaggio e un tanta postproduzione per renderla quasi una digital-art. Dovendo poi fare un mix tra modeling e cosplay, lo shooting con Gaia Sanetti con il Red Dress creato da Valentina Hernandez rimane ancora nel mio cuore; abito splendido, modella strepitosa e il russo in Piazza Duomo che durante gli scatti ci ha interrotto più volte perchè la voleva sposare e pagarmi per vendergliela. Ancora oggi rido davanti a questo che apre il portafoglio gonfio di 500€. Uno scatto clou però avvenne ad un vecchio Cartoomics, grazie al genio creativo di Paolo Cellammare, in cui scattammo la riproduzione de “l’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci in chiave “Sailor Moon” grazie al gruppone dache si era esibito. In realtà sono affezionato molti degli scatti post prodotti, alcuni presi da set alcuni semplici scatti che poi ho rivalutato una volta sullo schermo del PC, ma in fondo oltre alle foto sono proprio i contesti di amicizie e divertimento che mi legano di più all’esperienza avuto nello specifico con quel cosplayer, che ad uno scatto singolo in se.
– Qualche rammarico nel non essere riuscito a fotografare……
Il rammarico di non essere riuscito a fotografare tanti/e cosplayer purtroppo, soprattutto tra le nuove leve per via degli ultimi anni ai margini del cosplay per motivi di lavoro. Se devo dirla tutta però il primo rammarico, più piccolo perchè in parte qualche collaborazione l’abbiamo fatta, è non essere riuscito a scattare abbastanza con Federica Aurora. Posò al primo shooting di modeling che organizzai e trovai in lei un qualcosa di eccezionale a livello di fotogenicità, ripromettendomi di collaborare ancora con lei. Purtroppo per vari impedimenti riuscii solo a fare scatti saltuari, una volta addirittura a teatro, ma mai ad organizzarmi per un set dove valorizzarla come desideravo. il secondo rammarico sarà sempre Babette di Valentina Aceto, la premiai con il premio CosmoPlay a Romics nel 2011 ma a distanza di otto anni non sono mai riuscito a scattare con lei nonostante adori assolutamente i suoi abiti, soprattutto la Sposa Cadavere e la Strega dei Fratelli Grimm oltre al succitato da La Bella e la Bestia. Ma il vero rammarico, quello che non potrò mai colmare, è quello di non aver mai scattato con Francesca Dani. Per molti è un nome come un altro, ma nella mia generazione di cosplay è una delle esponenti più importanti e di successo del cosplay italiano dei primi anni 2000. La prima ad essere invitata al WCS quando non c’era traccia di competizione, l’unica sponsorizzata nelle lenti a contatto da ditte giapponesi in quegli anni e anche la pioniera del latex per gli abiti cosplay. Ho avuto modo di averla ospite a Novegro con un grande lavoro di convincimento, ho lavorato con lei e Giada Robin ad un progetto per promuovere i suoi gioielli, ma non sono mai riuscito ad averla come modella.
– Secondo te le numerose fiere, eventi, kermesse hanno danneggiato la visibilità del cosplay, rendendo inflazionato, anche perché in certi casi presentato risultando fuori luogo?
La risposta ha molte sfaccettature che vanno dall’evoluzione del cosplay fino alla gratificazione personale. Sicuramente hanno dato una ventata positiva al movimento, fino a pochi anni fa considerato per persone disagiate, con la sindrome di Peter Pan o emarginate dalla società. Vedere persone che sfruttano le loro passioni e lavoro per realizzare opere sartoriali, props o animatroni pone la community in una posizione nettamente più elevata di quanto succedesse dieci anni fa. Anche internet, la diffusione di manga, anime e la stessa Disney hanno contribuito ad un acculturamento dell’italiano medio che spesso partecipa anche con i figli alle convention per scattargli foto insieme ai beniamini. Di contro mi accorgo che nascono sempre più eventi puri, o aggregati in altri, in cui il cosplay è un’inutile scusa per autocelebrarsi organizzando un deprecabile contest. Potrebbe essere un piccolo “Sigurtà” se l’intento è creare un meeting per bambini o foto, ma si preferisce ficcarci la gara che non serve ai fini estetici della manifestazione. Abbiamo visto già tempo fa a Lomellina il contest inserito tra le corse delle carriole con i sacchi di farina che assurdità fosse. Soprattutto in questo periodo in cui gli shooting sono la preoccupazione massima dei cosplayer risulta, quanto meno, inutilmente dispendioso organizzarlo. Spesso sono perplesso per il fatto che ogni domenica ci siano almeno due eventi contest, magari a distanza di 20 Km, che sparpagliano le persone creando un danno ad entrambe le kermesse. Anche Riminicomix ormai sembra venga vissuta più come ritrovo tra amici che convention cosplay vera e propria, eppure era una nella lista delle “immancabili” nel calendario delle fiere. La mia opinione è che in se non abbia inflazionato il cosplay, più che altro l’attuale modo di viverlo da parte dei cosplayer ha ridotto drasticamente la spettacolarità che poteva generare durante fiere o sagre, in quanto appunto si è più impegnati a fare foto per i social piuttosto che fare “play”. Ovviamente poi ci sono contesti dove ne il meeting ne i cosplayer hanno un senso compiuto, alcune sagre ne sono la dimostrazione palese. La vera forza ancora deriva dalle fiere “grosse” che attirano molta gente, diciamo che idealmente potremmo pensare a tenere solo queste come kermesse cosplay evitando di organizzare necessariamente una fiera specifica di solo cosplay. Inserita in una fiera del fumetto, animazione, videogiochi o per bambini ha un senso anche compiuto, per il resto è una perdita inutile di tempo per tutti. Sinceramente, andare ad una fiera cosplay anche ad ingresso gratuito e vedere dieci cosplayer e cinque bancarelle è quanto meno deprimente in primo luogo, e inutilmente dispendioso per sponsor e amministrazione comunale che ci mette i soldi. Nel secondo caso addirittura dei contribuenti.
– L’aver voluto creare premi sempre più risonanti: viaggi x il mondo, soldi… Non si è palesato in questa maniera una distinzione di classe. Io ho più soldi quindi compro materiale migliore, posso pagare persone capaci, frequento più fiere e mi conoscono…
E’ curioso stranamente notare quanto l’inversione di tendenza porti a dover fare si queste considerazioni, ma non a livello premi. La mia visione attuale è che principalmente chi adesso partecipa alle gare lo faccia più per spirito di competizione, divertimento o l’idea in se di essere rappresentante dell’Italia. Non è il viaggio in se, anche perchè sappiamo bene che stress sia il WCS o l’Eurocosplay ovvero tutt’altro che una vacanza, ma l’idea di vivere il momento con una nazione che tifa per te. Lasciamo perdere i premi in denaro o viaggi fuori da questi contesti perchè spesso non sono stati pagati, pagati in parte o convertiti in altro di minor valore. Prendiamo Capuozzo, lui se riesce gira le fiere europee per la voglia di competizione e, possibilmente, vincere qualche soldo per ripartire con un progetto più complicato e azzardato. Lui vuole dimostrare di essere il migliore in un determinato campo e ci si dedica con tutte le sue forze a prescindere da soldi o visibilità. Anche perchè la forza dirompente di Diego sui social gli ha già creato una bella fama senza bisogno di ulteriori motivazioni. Quindi a conti fatti questa tua affermazione si sposa bene con chi invece sta cercando un appoggio economico e di internazionalità su Patreon o altri canali cosplay-related. Qui se riesci a circondarti delle persone giuste, hai più soldi, puoi avere materiali/abiti/props migliori sicuramente ha vita molto più semplice. Sfatiamo comunque il mito che Patreon sia una vetrina per persone che si spogliano e non fanno nulla, perchè in realtà come han dei guadagni hanno anche importanti spese di tempo e denaro per poter stare sempre sulla cresta dell’onda. Però è palese che se hai qualcuno che sa curarti l’immagine, ti produce ciò che ti serve, ti fa foto perfette per lo scopo la tua visibilità si impenna vertiginosamente, soprattutto se fisicamente attiri tante persone disposte e a spendere, supportarti e creare petizioni per averti alla fiera X. Torniamo praticamente a bomba su tutto ciò che si è detto finora sull’esigenza di avere tante foto per fare portfolio, averle belle ed in tempi strettissimi.
– Il fatto di aver voluto far gestire gli eventi cosplay ai cosplayer non ha creato invidie, gelosie e malumori? Dovuto anche a organizzatori improvvisati, giurie troppo selettive che hanno perso la concezione del divertimento e goliardia.
Statisticamente ormai le gare che contano sono in mano a professionisti, pertanto a parte rari casi tutto è gestito in maniera più morigerata rispetto ai tempi andati in cui divertimento e goliardia facevano parte del gioco. Un po’ è una limitazione in questo senso, un po’ è l’ideale sbagliato che si debba essere molto rigidi nelle valutazioni onde evitare l’ennesima polemica social che addita la giuria come corrotta. Anni fa salì una nota cosplayer sul palco ed ero in giuria con Giancarlo di Pierro. Aveva una catsuit aderente ed esclamammo entrambi “che culo”. Nacque l’omonima menzione speciale a quell’edizione della fiera. Farlo oggi non sarebbe “politically correct” e se ne parlerebbe per un mese sul “poco rispetto per le donne”, “gli uomini sono tutti maiali”, ecc. Quindi è anche un po’ segno dei tempi cambiati se è stato dato, sotto molti aspetti giustamente, un giro di chiave. Dico giustamente perchè un professionista deve limitare al minimo le possibili polemiche. Anni fa parlare di “Blackfacing” la gente ti rideva in faccia, l’altro giorno hanno squalificato la rappresentante francese per questo motivo dall’Eurocosplay. Certo, come te rimpiango le scemenze in giuria a Lucca, i commenti post-esibizione a Novegro o le menzioni speciali comiche, ma ad oggi ogni minimo passo falso lo paghi mille volte quello che pagavi un tempo. Si ci sono organizzatori improvvisati, in situazioni improvvisate con presentatori improvvisati. A mio avviso però non sono loro la pietra dello scandalo perchè sono in un contesto talmente limitato che la gente non si aspetta la serietà delle gare “importanti”. Spendo solo due parole sul discorso giuria. Effettivamente mi risulta che ci sia un pugno duro e molta rigidità quando in palio ci sono premi ambiti, però continuo a non capire perchè poi si vogliano giustificare le scelte a fine gara dando motivi di disagio e disappunto ai cosplayer. Nulla vieta di farlo, ma questa pratica mette sempre in moto un malcontento che potrebbe essere evitato dando alla giuria il veto nel dopo gara di commentare le decisioni. Se ad esempio una nota cosplayer non viene neppure presa in considerazione per un premio perchè non ha un “work in progress” adeguato potrebbe anche starmi bene a termini di regolamento, ma andrebbe ponderato che nessuno vieta di partecipare alla competizione con un abito magari cucito cinque anni prima (e mai messo) dove l’idea di documentare opportunamente la creazione era assolutamente inesistente. Quindi come mi dicevano sempre quando arbitravo pallavolo in serie B, esiste un regolamento ma il buon senso viene prima di tutto. Se conosci questa cosplayer e sai le sue potenzialità, quando dubiti del fatto che abbia realizzato lei quell’abito dai un chiaro segnale di averla voluta escludere a prescindere. Nello specifico poi le foto c’erano ma non erano ad alta risoluzione. Si chiedeva una documentazione del lavoro, non c’era una stretta regolamentazione su numero, dimensione, prospettiva, ecc. delle foto. La domanda quindi è … invece di dare una giustificazione blanda e rigida, perchè non stare zitti?!
Quindi la verità sta nel mezzo perchè si è evoluta la società e nel contempo anche il cosplay, il modo di approcciarsi alle gare e il tipo di giuria più cosplay-oriented e meno otaku/nerd (che però darebbe un tocco meno “tecnico” al giudizio e più “da esterno appassionato”). Da un lato occorre tenere il passo con gli ideali della community e dall’altro potrebbe essere interessante rendere meno aulico il giudizio. Di certo preferisco la situazione attuale che le giurie marchetta di qualche anno fa con gente che veniva chiamata come sponsor ma non aveva neppure idea di cosa fosse il cosplay, premiando a caso o in base alle spinte di chi alzava di più la voce.
Adesso basta domande serie….
– Arriva uno splendido cosplayer, ottima manifatture, ricco di particolari, lavorazione minuziosa, un attenzioni maniacale x i particolari, il make-up che lo rende identico all’originale… Poi arriva una cosplayer scosciata e 2 tette enormi. Chi fotografi?
Sembra strano ma dipende. Ho un’idea un po’ particolare sulla fotografia per cui non disdegno ne uno ne l’altro. Il gioco forza lo fa il mio umore e la cosplayer in questione. La tua domanda simpatica e provocatoria sottende alla realtà effettiva di molte situazioni fieristiche dove il cosplay scoperto vince a mani basse su quello perfetto. Eppure spesso la decisione è molto più ponderata e imprevedibile di quanto sembri. In primo luogo dipende quale mi ispira di più in quel momento, potrebbe essere un cosplay straordinario di una serie che non conosco o di un personaggio di cui mi importa poco, verso una cosplayer che è un personaggio conosciuto e divertente con cui puoi creare qualche situazione comica o simpatica, pur cadendo nella credenza classica che si preferisca lei per le tette enormi. Potrebbe essere invece che sia più interessante il cosplayer per via della serie animata, la somiglianza perfetta o le movenze talmente simili all’originale che io voglia immortalarlo in base ad una references quasi fosse la versione 3D di un fotogramma. Capita però spesso che sia anche troppo disinibita e al limite del volgare oltre che scosciata, questa evenienza mi disturba molto perchè scattare con lei mi da l’impressione di fare foto soft-core più che cosplay. Non sono contrario al nudo pur non avendolo mai scattato, ma l’idea è che se viene fatto deve essere artistico. Quindi rapporto questo paragone alla cosplayer che deve giocarsi bene le sue carte affinché ci sia un senso appunto artistico negli scatti, altrimenti per le tette al vento ci sono i selfie con la bocca a c**o d’anatra, non servo io. Per foto “piccanti” o “eccessivamente provocanti” ritengo non sia la fiera il posto giusto, pertanto la scelta cadrebbe sul cosplay perfetto. Un perfetta Jessica Rabbit con spacco alto e tette enormi, per esempio, se ben gestita potrebbe essere un’ottimo banco prova foto spettacolari in tema Roger Rabbit, soprattutto se da cosplayer sgamata si porta anche asta e microfono per esempio. Poi tendo a considerare anche il discorso “scosciata” nei giusti termini … una cosplayer che mi mette il costume da bagno e qualche gingillo e mi dice che è un cosplay, sinceramente può anche essere bianco, bagnato e semitrasparente ma è un no secco su tutte le ruote. Lo “scosciato” deve avere un connotato cosplay ben preciso e funzionale. Ci sono cosplayer che si push-uppano così tanto anche in abiti banali che oltre a sembrare ridicole, a tratti anche fisicamente anormali con le tette sotto la gola, non attireranno mai la mia attenzione. Non sono certo un puritano, ma per me le foto da pubblicare devono essere belle e avere un senso.
– nella tua carriera tante splendide foto… Ma quelle compromettenti cosa ci dici?
Penso che di compromettenti, tolte quelle fatte come paparazzo ai vip di turno, non ce ne siano nel mio archivio. Per lo meno non in senso stretto. Per lo meno non seriamente compromettenti, perchè se pubblicassi le foto fatte ad un certo giurato che mi sta intervistando nascerebbe uno scandalo, da quella in cui fissa le tette di una cosplayer che 10 minuti dopo diventa miglior femminile a Lucca Comics, fino all’uscita dal camerino femminile a Cartoomics con Giorgia Vecchini che si sta cambiando. Nell’era dei social quello fatto per scherzo e postato sui forum diventerebbe argomento di dibattito sui valori morali dei cosplayer e delle giurie.
– è il tuo momento puoi dire ciò che vuoi…
Direi che ho già detto tutto, mi permetto solo di sperare che chi si approccerà in futuro alla fotografia cosplay lo faccia non tanto nella speranza di fare qualche soldo, bensì conscio che si può dare tanto alla community nazionale per avere anche visibilità internazionale. Spesso non si riflette sul fatto che si cerca visibilità e si sbaglia a crearsela. Il fotografo può dare molto al cosplayer in questo senso, soprattutto per dovere professionale se retribuito, creandogli un portfolio che colpisca gli organizzatori degli eventi con cui potrebbero collaborare. Volendo essere un po’ pignoli ed un po’ sognatori, potremmo creare una categoria “cosplay” che si distacchi dal “ritratto”, “beauty” o altro proprio perchè richiama ad uno stile tutto suo per inquadrature, mimiche, pose e location. Negli stili ‘classici’ non serve esasperare le espressioni, i movimenti, dare la dinamicità di un eroe, ecc… quando facciamo un set serio a livello cosplay è fondamentale riuscire a generare l’impatto emozionale della trasposizione 3D di un personaggio sulla carta, sia esso per ricreare una mossa credibile e in movimento di un picchiaduro, sia per la delicatezza di uno shojo strappalacrime. Ormai abbiamo i mezzi, la tecnologia ed anche i cosplayer adatti a realizzare questo progetto dimostrando che oltre che in abiti e armature, in Italia abbiamo signori fotografi con gli attributi. Ci vuole impegno, dedizione e studio, ma soprattutto la voglia concreta di farlo anche come crescita personale.