Il linguaggio del fumetto è talmente ampio che ci si imbatte sovente in nuove forme espressive e narrative.
“2.40:1” di Giuseppe Cristiano è la dimostrazione, l’autore ci invita a salire sul palcoscenico della vita e si viene immersi in un mondo privo di dialoghi, in un silenzio assordante, tanto che la lettura non avviene attraverso la fonte visiva ma mentale.
La graphic novel in questione è un viaggio tra il reale e l’onirico, tra la vita e la morte. Un uomo che potrebbe essere chiunque di noi, viaggia in auto su una strada deserta, fino a quando incrocia un’incidente stradale, con un auto capovolta in cui è rimasto ferito un bambino…..
L’opera di Cristiano, come altre: “Gun”, “Fade Out”, non sono di facile lettura, in quanto ogni volta che si riprende in mano una sua tavola, proprio perchè priva di dialoghi, può essere rivisitata diversamente dalla lettura precedente, in cui ci eravamo persi alcuni dettagli.
E’ un linguaggio senza tempo, se il fumetto presenta una sceneggiatura contemporanea ma gli avvenimenti che si svolgono, possono essere anche di 50 anni fa, sono solo alcuni particolari che possono delinearne il tempo, ad esempio le audiocasette posate sul sedile accanto al guidatore il giocattolo di Goldrake simile a quello degli Anni 80.
L’abilità dell’autore è creare uno stile, riuscendo a rimodulare narrativamente ogni singola storia, imprimendogli una forte personalità, con una ricerca complessa e mai ripetitiva.
Il disegno che sembrano fotografie della realtà inserite in un contesto pittorico, ha uno stile ed un ritmo che potrebbe trattarsi di genere noir, neorealista ma anche post-moderno, in realtà nel suo tratto c’è tutto questo e molto di più ma soprattutto non vi sono luoghi comuni.