Lo Chef Gasperini, da molti anni, si occupa con successo di cucina orientale, nei ristoranti di tutto il mondo. Con lui abbiamo voluto fare un’intervista a tutto tondo sui sapori della cucina orientale in generale e giapponese in particolare.
Mondo Japan: Buongiorno Chef e benvenuto su Mondo Japan! Cosa ti ha fatto avvicinare di più alla cucina orientale?
Chef Gasperini: Buongiorno a voi, il mio approccio con la cucina orientale inizia anni fa, precisamente nel 2017, quando mi viene proposto di avviare un ristorante a Milano (ristorante SAIGON) di cucina vietnamita. Inizialmente ero un po’ scettico perché del mondo della cucina orientale non sapevo molto o meglio ne conoscevo le basi.
Iniziai a studiare sui libri di cucina orientale e vietnamita specialmente, intrapresi anche un viaggio a New York per conoscere alcuni ristoranti dai quali avremo preso ispirazione come “Le Colonial”, “Hakkasan”, “China Grill”, “Indochine”; sono andato avanti per una settimana a ritmi di due pranzi e due cene al giorno, a volte anche tre. Da subito capii che la cucina orientale aveva qualcosa da offrirmi di diverso da
quello che avevo fatto o da quello a cui ero abituato fino ad allora.
MJ: Come differiscono i sapori rispetto alla cucina italiana?
CG: All’inizio del mio approccio con la cucina orientale ho trovato sapori e consistenze che non avevo mai provato, sapori molto interessanti e lontani da quello a cui siamo abituati come la salsa di pesce, aceti di riso, fermentati di tutti i tipi ed una varietà di verdure e frutta che non conosciamo.
Per esempio noi non siamo abituati alle fermentazioni che invece in oriente si usano molto. Fanno fermentare tanti alimenti come gli ortaggi dai quali ricavano il “Kimchi”, una ricetta localizzata specialmente nella zona della Corea dove ne esistono decine di varietà, quasi come il ragù in Italia.
Una cosa in cui si differenzia la cucina orientale è l’uso quasi nullo dei latticini. Per questo si pensa che i cinesi non producano abbastanza enzimi per la digestione di quest’ultimo.
Essenzialmente le differenze a livello di sapori sono moltissime dovute alle materie prime diverse, al territorio, all’uso delle tecniche di cucina ma allo stesso tempo abbiamo delle caratteristiche in comune come per esempio il fatto di valorizzare i prodotti di qualità senza andare a rovinarli con lavorazioni elaborate, preferendo la semplicità per esaltarne il gusto; inoltre abbiamo in comune metodi di cottura come friggere, grigliare o anche la cottura a vapore.
MJ: Preparare un piatto giapponese è complicato come sembra?
CG: Per preparare un piatto giapponese, come per ogni piatto, bisogna avere un minimo di competenze di cucina e soprattutto una buona ricetta da seguire che sia spiegata dettagliatamente in tutti i suoi passaggi.
Preparare un piatto di una cultura e provenienza lontana dalla nostra richiede un minimo di ricerca sia della storia di quella cultura sia delle materie prime che si andranno ad utilizzare; anni fa reperire prodotti orientali era difficile, oggi con internet e tutti i negozi etnici presenti non è più un problema.
MJ: Ad esempio, il classico Ramen, è una mission impossible oppure è realizzabile anche da un italiano?
CG: Anche il ramen si è diffuso molto nelle nostre città, piace molto agli italiani ed è caldo, saporito ed è considerato un piatto completo.
Ci sono molti siti, blog e programmi tv che spiegano come cucinare un ramen al giorno d’oggi.
Non è assolutamente impossibile per un italiano preparare un ramen, anzi la parte divertente di cucinare delle ricette appartenenti ad un’altra cultura è mischiare la ricetta originale con dei prodotti delle nostre terre in modo che, oltre a preparare un piatto, aggiungiamo anche il nostro tocco personale.
MJ: Quali sono stati i tuoi piatti di maggiore successo? E come mai sono piaciuti tanto?
CG: Uno dei piatti inerenti alla cucina orientale che hanno riscosso maggior successo è stata sicuramente la zuppa “PHO GA”, una versione di pollo del piatto nazionale vietnamita (Pho Bo); la mia Pho Ga é stata un risultato di varie prove e la perfezione è stata raggiunta durante il periodo in cui lavoravo nel ristorante “Razzo” a Torino insieme allo chef ed amico Nicolò Giugni.
In sostanza è una zuppa a base di cipolla bianca, funghi Shitake freschi, coriandolo, cosce di pollo, latte di cocco ed altri ingredienti; il mix di questi ingredienti dà come risultato un gusto molto saporito, leggermente piccante e molto avvolgente per la presenza del latte di cocco. Insieme allo chef Giugni abbiamo aggiunto un tocco particolare al piatto sostituendo i classici noodles con dei noodles di capasanta e questo abbinamento tra brodo di pollo e la nota piccante insieme alla capasanta si è rivelato vincente.
MJ: In oriente, a cominciare dal classico Bento, l’occhio vuole sempre la sua parte, ancora di più forse che nei piatti italiani. Hai notato anche tu questo aspetto di grande estetica nei piatti?
CG: Una delle cose che dico da sempre è che si mangia prima con gli occhi e poi con la bocca quindi nella cucina è molto importante l’impiattamento e per rispondere alla tua domanda ti dico che per la cucina orientale l’impiattamento e la parte estetica di un piatto sono molto importanti in maniera quasi maniacale come anche in Giappone. Si pensi ad esempio a come intagliano la verdura e i funghi o a come tagliano il pesce per il sushi. Noi in Occidente abbiamo un altro stile d’impiattamento e di decorazione ma comunque nel mio percorso lavorativo anche io per alcuni periodi ho sperimentato diversi stili di impiattamento ricorrendo allo stile elegante orientale.
MJ: potresti consigliarci una ricetta?
CG: Una ricetta che potrei consigliarvi la cui esecuzione non è assolutamente complicata ma il risultato sarà eccezionale, è quella per gli spiedini di pollo marinati in salsa Sathay (A fondo pagina NDR).
MJ: Ti ringraziamo per l’intervista! C’è ancora qualcosa che vorresti aggiungere?
CG: Vorrei darvi questo consiglio, quello di provare, sperimentare, mixare culture e cibi di diversi posti del mondo perché la cosa più bella in cucina è proprio questa: il creare un qualcosa che poi di conseguenza porta al divertirsi mentre si cucina;
divertirsi è la parola chiave di questo lavoro perché se stai facendo il tuo lavoro in maniera professionale e in più ti diverti, diventa il lavoro più bello del mondo.
LA RICETTA: spiedini di pollo marinati in salsa Sathay
Ingredienti:
400g latte di cocco denso
700g burro di arachidi
2 scalogni media grandezza
20 g zuzzhero di canna
5 g peperoncino secco
150 ml salsa di soia
4 petti di pollo
Il procedimento è molto semplice, il pollo viene tagliato a striscioline del diametro di 1 cm
Per la salsa andremo a mettere tutti gli ingredienti in un frullatore per frullarli tutti insieme ed ottenere una salsa.
A questo punto una parte di salsa la separeremo, circa 1/3, e la terremo da parte da servire un piattino in accompagnamento agli spiedini.
Nella salsa alle arachidi metteremo le striscioline di pollo che marineranno una notte in frigorifero coperti da pellicola.
Prepariamo gli spiedini infilando le striscioline di pollo marinato sullo stecchino e poi andiamo a piastrarli da tutti i lati, quando sono tostati andiamo a metterli in una teglia e li copriamo con un pochino di salsa alle arachidi e dritti in forno a 180 gradi ventilato per 6 min così da ultimare la cottura del pollo e far asciugare un po’ la salsa sopra allo spiedino.
Impattiamo mettendo gli spiedini nel piatto con una ciotolina di salsa a lato e una bella insalata a base di carote, cetrioli e menta molto rinfrescante.
Buon divertimento e buon appetito!