Eccoci giunti ad un nuovo capitolo dell’indagatore dell’Incubo: Dylan Dog e “Anatomia dell’Anima”, sceneggiatura di Alessandro Russo e disegni di Sergio Gerasi.
Opera che ha un andamento da thriller in stile noir per concludersi con accenni al “Mondo dei Replicanti”. Una storia lineare che crea, pagina dopo pagina, quel senso di suspense che porta il lettore a domandarsi chi sia il serial killer e quale sia la motivazione di questi omicidi che a prima vista non hanno nessuna motivazione in comune ma soprattutto non ne viene denunciato nessun. Tutto questo intreccio si muove come sfondo all’indagine di Dylan Dog, il quale riceve la visita della giovane Lila, questa racconta che la sua amica e collega Carol, è scomparsa per un certo periodo e non rispondeva alle sue chiamate, quando è ricomparsa sembrava un’altra persona, prima era una donna sorridente che aveva una buona parola per tutti, adesso risulta fredda, distaccata….
La lettura del protagonista Bonelliano crea sempre quella sensazione di dejà vu, di storie già viste o lette magari in altri ambiti ma che comunque non portano niente di originale. Altro elemento che potrebbe essere anche il marchio di fabbrica del personaggio, però ha letteralmente annoiato è il concetto che tutte le clienti finiscano a letto con lui. Se questo è un espediente per riempire qualche pagina in più, assicuro il Direttore della Testata che continuerò leggerlo anche se non sempre inserisce queste scene, a volte messe senza un senso logico, altre volte creando imbarazzo e rallentamento nella trama.
In “Anatomia dell’Anima”, bisogna ammettere che il percorso narrativo non è stato banale, ben congeniato, l’unico punto debole e che si è capito a metà del fumetto chi fosse l’assassino ma merito allo sceneggiatore, il colpo di scena però è arrivato nel finale.
Tra difetti e pecche varie, reputo questo numero, uno dei migliori letti, anche se trovo Dylan Dog sempre ai margini del racconto, non è lui che conduce gli avvenimenti che ruotano intorno ma è il contrario, subisce troppo spesso in maniera passiva quello che accade. La dimostrazione è il finale, risolve il caso ma in realtà è sempre sconfitto, qualcosa sopra le parti riesce sempre a prevalere. Mi piacerebbe vederlo a volte con il carisma e la potenza del “Giustiziere della Notte” di Charles Bronson e invece….