I lottatori di sumo, i rikishi (力士), sono molto amati in Giappone, sono delle vere e proprie star, però la loro vita è tutt’altro che semplice. Quasi tutti vivono nella scuola di sumo, chiamata Heya, che li accoglie da ragazzini , all’età di 15 anni, e che rimane la loro casa per tutta la durata della carriera agonistica. Attualmente esistono oltre 50 Heya distribuite sul territorio giapponese, ma la maggior parte di queste si trova nei pressi di Tokyo. Ogni Heya è considerata una piccola comunità in cui vivono al massimo 30 atleti che seguono una vita regolata da criteri stabiliti dalla Japan Sumo Association, e la loro violazione può comportare multe o sospensioni. Il maestro, Oyakata, solitamente è un ex lottatore di alto livello che si è ritirato dalla vita agonistica ed è la figura di riferimento degli atleti: è visto come un secondo padre che provvede al mantenimento dei suoi ragazzi coprendo ogni loro spesa ed assegnando loro un piccolo stipendio mensile.
I rikishi si alzano molto presto la mattina, alle 6 iniziano i preparativi e alle 7 comincia l’allenamento vero e proprio, l’asa-geiko (allenamento mattutino), non fanno colazione perchè gli esercizi in programma per le prime ore della giornata non permettono una buona digestione. Terminato l’allenamento , che dura tre ore, e dopo aver pulito la palestra, si riuniscono per il pranzo e poi vanno subito a dormire per assimilare meglio le calorie. Prima di cena possono uscire per qualche ora libera e i più giovani studiano e dopo cena vanno subito a dormire.
Nonostante l’aspetto “cicciottello”, il fisico dei rikishi è una combinazione di massa grassa e massa muscolare, muscoli allenati che permettono, oltre alla evidente forza, anche una spiccata agilità e velocità nei movimenti. Ma cosa mangiano per avere un tale fisico? Il piatto più importante dei loro pasti è il Chanko-nabe , a base di brodo di pesce, pollo, tofu e verdure, accompagnato da una notevole quantità di riso , ghoan, e da uno o più bicchieri di birra.
Il peso dei lottatori varia tra i 90 kg e i 150 kg ed è un elemento fondamentale per avere più possibilità di resistenza nei confronti dell’avversario e vincere il match, ma non è l’unico elemento principale per stabilire la categoria di ogni lottatore, è necessario anche che sia bravo a combattere.
La graduatoria generale è detta banzuke e viene stilata al termine di ogni torneo. I lottatori di Sumo sono suddivisi in categorie e vengono inseriti in una o nell’altra in base al numero di incontri vinti durante un torneo: il rikishi che vince otto su quindici incontri può mantenere il proprio rango. Se dovesse vincerne meno, è costretto a retrocedere; se dovesse vincerne di più, può avanzare di una categoria.
La categoria più alta è quella dell’Yokozuna (grande campione), in cui rientra solo il migliore lottatore in assoluto, è l’unica categoria del sumo da cui non si può retrocedere, un titolo che il lottatore conserva sino al momento del ritiro dalle scene. La figura di Yokozuna è rispettata quasi come una divinità dai giapponesi e la sua entrata nel dohyo è ancora messa più in evidenza dalla tenuta del campione che prevede oltre ovviamente al perizoma detto “mawashi” anche la “tsuna” una coreografica e pesante corda intrecciata. Uno Yokozuna può arrivare a guadagnare ben 3 milioni di yen al mese (circa 30mila euro).
Gli unici a ricevere uno stipendio mensile sono quelli dalla seconda divisione in su. I lottatori della seconda divisione guadagnano circa un milione di Yen al mese. Inoltre i vincitori degli incontri più importanti di ogni giornata possono ricevere dagli sponsor fino a 60.000 Yen. Oltre allo stipendio base ricevono anche un bonus, chiamato mochikyūkin. Questo reddito viene ricevuto sei volte l’anno. Potenziamenti speciali a questo bonus vengono assegnati anche per la vittoria del campionato Premiership. Oltre ai premi per un campionato, i combattenti di prima divisione che si esibiscono in modo eccezionale possono anche ricevere uno o più dei tre premi speciali del valore di 2.000.000 di yen ciascuno. Essendo personaggi famosi, i rikishi più popolari spesso diventano testimonial di prodotti e compaiono in numerose pubblicità e programmi televisivi, andando così a incrementare il loro guadagno.
L’unico indumento che è concesso indossare al lottatore giapponese durante l’allenamento e durante il combattimento è il tradizionale mawashi, il tipico perizoma con una alta cintura sui fianchi ricavato da unico lungo nastro. È impossibile riuscire ad indossare il perizoma da soli e per questo i lottatori hanno necessità di qualcuno che li aiuti nella vestizione. Il nastro di stoffa viene passato molte volte intorno alla vita nonché in mezzo alle gambe dell’atleta, per poi essere fermato con un nodo dietro la schiena.
La vestizione così come la scelta del colore del perizoma è un vero rito.
Molti lottatori, così come i giapponesi in generale, sono superstiziosi ed ogni passaggio deve essere compiuto sempre allo stesso modo. Se c’è stata una sconfitta, prima del successivo incontro è necessario cambiare colore del perizoma!
La cintura del perizoma viene usata come appiglio per effettuare le tecniche di presa sull’avversario e molto spesso diviene parte integrante della strategia pianificata per mettere in difficoltà il rivale.
Infatti se il nastro alla vita è lasciato un po’ lento, l’avversario colto di sorpresa, potrebbe non trovare il giusto equilibrio per trascinare il lottatore e quindi potrebbe sbilanciarsi fino a cadere in terra.
Invece la strategia opposta prevede che il perizoma sia stretto a tal punto da non consentire all’avversario una presa immediata
Tuttavia l’abbigliamento varia in base al rango del combattente, ad esempio chi appartiene alle ultime due classifiche può indossare solo una sottile tunica di cotone chiamata yukata,e il perizoma nero. Inoltre, all’aperto, deve calzare un tipo di sandalo di legno chiamato geta. I combattenti delle divisioni Makushita e Sandanme possono invece indossare un tradizionale soprabito corto sopra il loro yukata e i sandali di paglia, chiamati zōri. Infine, coloro che fanno parte delle prime due categorie hanno i privilegi migliori, degni delle loro posizioni: possono indossare abiti di seta a loro scelta e la qualità del tessuto è notevolmente migliore, portano i capelli lunghi e se li fanno acconciare in modo particolare in funzione della loro importanza nel Banzuke, la graduatoria.
Il particolare modo in cui i lottatori acconciano i loro capelli non passa inosservato.
Questa. acconciatura si chiama Oi Chon Mage ed è una specie di coda in cui la lunghezza del capello, invece di essere lasciata libera, è riportata sulla parte alta della testa.
Questa tradizionale pettinatura, esclusivamente maschile, era molto diffusa in epoca Edo.
Solo i sumotori di alto livello, in occasione di particolari cerimonie, possono pettinarsi in maniera più elaborata.
Dopo aver riportato la coda di capelli sulla parte alta della testa, la parte finale della coda crea un ciuffo aperto a semicerchio. Secondo la tradizione, dovrebbe ricordare una foglia di Ginkgo Biloba. Tale pettinatura è chiamata Oicho.
Poiché non è facile realizzare questo tipo di acconciature, l’Associazione Giapponese di Sumo finanzia e forma professionalmente specifiche scuole di parrucchieri tradizionali in grado di tagliare, curare ed acconciare i capelli dei lottatori prima di ogni incontro.
L’atleta porterà i capelli così acconciati dal giorno in cui sarà accolto in una Heya fino alla fine della sua carriera agonistica.
Al momento del ritiro dall’attività sportiva, viene compiuta una cerimonia solenne (Danpatsu Shiki) in cui il momento principale è proprio il taglio del Chon Mage.
Ikuzuki Geitazaemon (1827-1850), coi suoi due metri e ventisette centimetri, è stato il più alto lottatore di sumo della storia. Qua sotto una sua rappresentazione dell’epoca che rende bene le proporzioni rispetto ai già giganteschi colleghi. A titolo di paragone, l’altezza media dei maschi giapponesi adulti vent’anni dopo la sua morte era ancora a un metro e sessanta
By Valeria Turino