Uomini e Dei, il documentario del ciclo Arte al Cinema di Nexo Digital, è un piccolo capolavoro tutto italiano. Ce lo aveva anticipato in maniera vibrante Didi Gnocchi, CEO e Founder della 3D Produzioni che lo ha realizzato in partnership con Sky Italia, ma non possiamo che confermare il verdetto. Non riusciamo a ribaltare il risultato, assolutamente diamo DIESCI!
La sala del Cinema Anteo di Milano è gremita, l’anteprima ha attirato i media, e con il senno di poi è facile capire il perché. In questo produzione la cultura fa da padrone, quella sana, quella che intriga lo spettatore, che ti fa dimenticare di essere al cinema e ti avvolge a tutto tondo nel buio e nel silenzio degli spettatori, abbracciandoti con le voci narranti delle varie personalità di spicco mondiale. La presentazione dura il giusto per ingolosire la tua curiosità, ma alla fine della proiezione hai quel vago sentore che troppe cose siano rimaste oscure e rimani con l’amaro in bocca di non poter fare molteplici ed approfondite domande agli ospiti.
Forse è perchè l’aspettativa media di un documentario è un insieme di nozioni organizzate, montate ad arte per una panoramica generale dell’argomento, per poi farti presumere che hai acquisito grandi conoscenze dopo la visione. E capisci che quando il responsabile editoriale di Sky, Diego Vannini, affermava che entrerà nella loro programmazione perchè è un prodotto che deve raggiungere tutto il mondo, aveva un progetto serio e lungimirante per un documentario destinato ad essere una pietra miliare nello studio della cultura funeraria egizia. Quando tutto termina, hai acquisito più domande che risposte, in mezzo a una vastità inenarrabile di misteri.
Il film evento Uomini e Dei nato per coronare il bicentenario del Museo Egizio di Torino, il più antico e stimato del mondo, è proprio questo. Non è un documentario classico, ma una sublime narrazione dell’ipotetico viaggio nell’aldilà di un sovraintendente alla costruzione delle tombe dei faraoni. E con il filo conduttore che parte dal corredo funerario di di Kha, tutto il racconto si srotola nel suo viaggio verso il giudizio finale. E’ stato un grande uomo, ha amato sua moglie Merit, ha fatto grandi opere per celebrare dei e faraoni, ma sarà degno del riposo eterno così come prescritto nel Libro dei Morti? Una sceneggiatura meravigliosa, firmata da Matteo Moneta, che ci guida in maniera emozionante verso il verdetto di Osiride.
Un lungo percorso dove il bivio dell’approfondimento è all’angolo, ti prende di sorpresa, ti fa viaggiare tra il British Museum, Berlino, Tolosa, Louvre e quando meno te lo aspetti, ti riporta sulla via maestra. Da una corale narrazione dei pilastri del Museo, Christian Greco ed Evelina Christillin, arriva la testimonianza a catena di ogni sorta di professionista: dalle restauratrici, a sbendatori virtuali, curatori e direttori mondiali. Una narrazione calma, pacata, quasi teatrale. E la scelta di definirla “corale” non è casuale, ognuno di loro entra con il suo “strumento” nel momento esatto, con il tono e sincronia ineccepibile, per rendere melodico ed armonioso il racconto.
Magistrale anche la direzione di Michele Mally, tagli e sfocature enfatiche su ogni anello drammatico, ampie e profonde visuali nonostante le stanze anguste, inquadrature mirate per incollare lo spettatore allo schermo con prospettive e carrellate di fortissimo impatto.
Assolutamente favolosa la direzione della fotografia, chiari e scuri sui reperti per esaltarne contorni, colori e dettagli. Sequenze luci e tinte scelte ad arte per scaldare o rendere più tetra la narrazione. Nessuna “smarmellata” negli interni e cura del colori reali all’esterno per rendere la realtà ai nostri occhi senza inutili forzature, cose me ci trovassimo davvero sugli scavi con una luce solare coerente.
E infine la chicca che sbaraglia tutti i dubbi sulla sua perfezione: gli anelli narrativi di Jeremy Irons. Un’interpretazione da Oscar per un Premio Oscar. Perennemente in primo piano o mezzo busto, con una direzione fotografia superba, una morbida gestualità delle mani e mimica facciale. Il fascino della sua interpretazione non ti permette di staccare gli occhi dallo schermo, rimani ad osservarlo a bocca spalancata aspettando che pronunci la frase successiva.
Ma, si c’è un ma, ed è nel titolo.
Questi anelli sono pura arte grazie anche alla voce che doppia Jeremy, nonchè del grande seduttore Richard Gere: Mario Cordova. Un connubio da brividi, se non riesci a staccare gli occhi da Jeremy, rimani nel limbo sensoriale della voce di Mario, che ti culla ad altissima definizione, mentre sei seduto su delle poltrone sofficissime.
E’ un documentario che va visto assolutamente, e poi rivisto, perché in questo condensato ci sono tantissime informazioni e curiosità che andrebbero approfondite, rielaborate, rilanciate. Abbiamo a Torino un inestimabile tesoro di conoscenza, eppure ancora non sappiamo tantissime cose di questa straordinaria civiltà. E questo documentario scalfisce soltanto la superficie di un vasto gap di informazioni mancanti, e solo di ambito funerario.
Il consiglio è assolutamente di sfruttare i due giorni dell’evento 12 e 13 Marzo per farvi incuriosire (e rapire) da questa straordinaria produzione nostrana.