Il viaggio di Kalya, di cui numero dopo numero apprendiamo sempre qualche nuova nozione, come il fatto che il suo patrigno era un Arcanista: rintraccia e recupera ciò che il passato ha lasciato ed è uno studio fondamentale per la pratica alchemica.
Il gruppo formato da Tagh, Leena e Aridan, aumenta di un personaggio, come abbiamo visto nella parte finale del numero scorso, Calon l’elfo che era al servizio di Varnon che lo ha infettato con il suo Elixir, il morbo modificato che non distrugge la mente ma solo il corpo. Grazie a Leena e l’utilizzo di una runa, è riuscita a contenere lo spirito dell’elfo all’interno di un’armatura ma quando questa perderà il potere, Calon svanirà.
In questo nuovo albo “Kalya – La Città Palazzo delle Nubi”, di Luca Lamberti, Leonardo Cantone e Vittorio Santi, pubblicato da Bugs Comics, il gruppo che ricorda molto le compagnie dei Giochi di ruolo, si dirige in cerca di provviste, verso l’altopiano ai confini con la pianura degli orchi. Il gruppo si imbatte in una delle antiche città palazzo che il Gjaldes tiranno Hamon – Darn , costruì durante il suo regno.
Giunti alle porte di Grad Volken, vengono accolti in maniera non gradita dal Borgo mastro Olev, un nano che gestisce una comunità di nani che però nascondono un terribile segreto, essi venerano un Amadriade, ovvero il morbo può colpire anche la natura, generando mostri capaci di nutrirsi di esseri viventi di cui ne prendono parzialmente la forma….
L’opera numero dopo numero, ci spiega sempre di più i segreti che nasconde il continente e il viaggio della compagnia è il modo migliore per descrivere tutto. La lettura diventa sempre più intrigante e ci si inizia ad affezionare ai protagonisti, ognuno con caratteristiche particolari a volte così differenti tra loro che sembra incredibile come riescano a collaborare così bene.
Come in un GdR, i personaggi crescono sia di consapevolezza che di forza, la dimostrazione è in questa storia, in cui la collaborazione tra i vari interpreti, porta alla soluzione del mistero, ricco si pathos e azione. Forse la sceneggiatura non è innovativa, la comunità chiusa e nascosta che effettua riti macabri ad una strana divinità, per salvaguardarsi la vita, però gli autori riescono a renderla brillante e accattivante, grazie anche ad un disegno piacevole, con un tratto che non lascia niente all’interpretazione ma spiega, con espressioni eloquenti il dramma e la paura che vive questa comunità di nani.
E il viaggio verso Hobur continua….