I veglioni di Capodanno si tingono spesso di sapori amarcord. Sarà che è l’occasione per rivedere persone che durante l’anno non sei riuscito ad incontrare, sarà che conosci gente nuova che ha scoperto un mondo da cui ti sei discostato pian piano, o forse semplicemente tiri le somme sul tuo passato facendo dei bilanci. E così tra rievocazioni, gallery e forum abbandonati, rivivi il presente ed il passato del cosplay italiano, da quando il raso faceva da padrone, fino all’elettronica e materiali termoformabili attuali.
Non capisci bene se sia meglio o peggio la visione odierna di questo hobby, a volte quasi diventato una professione, ma mentre mediti e ti confronti inizi a percepire quanto il 2010 sia stato l’anno della svolta, quella sottile linea rossa del non ritorno. Sembra quasi scontato prenderlo come punto fermo visto la cifra rotonda e pulita, eppure le coincidenze ti danno ragione.
Comincia proprio in quell’anno il passaggio del forum di A.Na.Co. da Forumfree a piattaforma indipendente, un’azione che, unita ai primi sentori di esigenze diverse, porterà al suo rocambolesco scioglimento. L’unica associazione italiana che, pur senza scopo di lucro, era il tessuto connettivo dell’ambiente cosplay generico perdeva di compattezza. Uno dei due forum più importanti sull’argomento, che era il punto di riferimento per gruppi e manifestazioni, si disgregava in favore degli interessi personali di un’idea cosplay che virava verso una sorta di narcisismo. La diffusione dell’idea e dello “spirito del cosplay”, così come venivamo tramandati dal Sol Levante, non avevano più una voce portante.
Era anche il periodo di transizione per il forum Lilla, capitanato da Giorgia Vecchini, che non riusciva ad incamerare la fuga di utenti da A.Na.Co. e, allo stesso tempo, era meno frequentato da chi aveva il doppio account su entrambi i forum. Era anche il momento in cui la stessa Giorgia aveva cominciato a guardare al futuro, distaccandosi dal cosplay puro, per mettere le basi al suo futuro lavorativo. Questo progressivo cambio di rotta ha ulteriormente indebolito i cardini del cosplay classico, rendendo meno facile l’interazione tra i cosplayer.
È anche l’anno del successo di Luca Buzzi e Giancarlo Di Pierro al WCS, una vittoria che irrompeva nelle dicerie che “se non sei gnocca e svestita” non potrai vincere nelle selezioni, ne la finale a Nagoya. Era la sferzata e la rivincita del cosplayer comune che ora iniziava a guardare diversamente anche le competizioni. C’erano meno gruppi, meno interazioni su larga scala, ma iniziava la ricerca frenetica di qualcosa con cui stupire ed innovare l’ambiente, al fine di partecipare alle prime competizioni internazionali a cui l’Italia aveva accesso.
Facebook in quest’annata è alle stelle, inserisce il tanto agognato tasto “Mi piace” che lo renderà uno dei simboli storici negli anni. La mutualità del forum fa spazio all’individuo singolo ed al suo profilo. Non serve più avere un nickname tra tanti, non occorre più un sito internet personale per farsi conoscere. Basta registrarsi e invitare gli amici via mail per essere raggiungibile, senza fronzoli e troppe ricerche tra le sezioni.
La prima virata ad un mondo cosplay meno intimo, che inizia ad espandersi e creare proseliti, è servita. Ormai Otaku e Nerd non hanno più quel gusto dispregiativo tra i coetanei, anzi iniziano ad unirsi davvero tante passioni alle fiere. Noi stessi proviamo a lanciare una rivista cosplay e creare set fotografici in fiera, con luci e teli, talmente sembra fiorente il periodo. Ormai alcune gare sono interminabili talmente tanti sono i partecipanti. Gli appuntamenti più importanti vengono scanditi spesso anche da gruppi di venti o trenta persone. Si moltiplicano i cosplayer e accorrono in maniera esponenziale anche fotografi di diversa caratura.
Davanti a tanto splendore però, si inizia a sentire il retrogusto amaro di una parte “play” che si disperde. Il più delle volte le loro salite sul palco sono senza interpretazione perché, in realtà, non c’è più un gruppo di amici che fanno le prove quasi dovessero inscenare uno spettacolo teatrale. Anche i singoli arrabattano quattro pose del personaggio, ammesso che le conoscano, e quando fermati per le foto non sono più disponibili a “far finta di essere il personaggio” intrattenendoti, perché necessitano di avere più scatti possibili e questo gli toglie tempo.
Eppure, nell’attesa del 2013 incombente, davanti al tuo piatto di lenticchie e cotechino, scorri le migliaia di foto scattate fino al 2011, quelle centinaia fino al 2019 e ti accorgi che poi c’è un vuoto. Ti accorgi che nella fascia intermedia c’è qualcosa di diverso, come se una seconda ed una terza ventata hanno mischiato le carte in tavola.
La terza la addebiti sicuramente alla pandemia, al cambio di abitudini e necessità differenti. Capisci che è una conseguenza comunque della seconda, ma ormai “Cos” e “Play” sono separati da una grande barriera isolante. Il tempo che il Covid ci ha rubato è diventato un macigno sulla nostra vita e non vogliamo più sprecarlo per qualcosa di cui l’interesse è scemato.
Quindi ti concentri sulla seconda, e noti quanto i Social e il Politically Correct abbiamo in qualche modo cambiato le prospettive fieristiche e di immagine.
Le ore di prove per il “play” in fiera sono facilmente sostituibili, e meno efficienti, con una decina di brevi video su TikTok o Instagram. Prima spendevi per fare un cosplay, ora ricevi soldi e donazioni per comprarlo ed indossarlo. Prima dovevi imparare a cucire e spendere tempo nel confezionare l’abito, ora hai i proventi del “support me” per fartelo arrivare online, o commissionarlo ad una sarta. E lo stesso vale per props e armature.
Nell’epoca social anche foto discutibili tecnicamente, magari scattate con un cellulare in casa, rendono una parte di stipendio grazie a Patreon o OnlyFans. I “Comics” italiani non sono più neanche il vero luogo degli acquisti, sdoganati ormai dai bassi costi del dropshipping orientale. Posto che spesso non sono neanche il luogo ideale per degli shooting contestualizzati, la presenza all’evento ha ragione di avvenire solo per permearlo con la propria aura. Romics 2022 ne è la prova lampante.
Meet and Greet, Likes, bagno di fans o l’occasione per aumentare i follower, occorre essere presenti online ma tanto di più in real. A volte con quel gusto “Idol” che nasconde la vita privata (soprattutto sentimentale) per dare quella parvenza di raggiungibilità a tutti, regalargli il sogno di poter corteggiare e vincere la sfida contro gli altri concorrenti. Sono il luogo delle “pubbliche relazioni” per trovare sponsor per inviti all’estero o collaborazioni, per avere materiale promozionale, fare da testimonial o presenziare ad eventi particolari legati al mondo nerd o otaku.
Non è ormai semplice trovare cosplayer con abiti non arrabattati dopo lo shopping online, o sartoriali di spessore, è solo il mezzo per promuovere la persona in modo diretto ed asettico rispetto all’amore per la serie da cui è tratto. Un tempo ci si batteva su ogni dettaglio per essere perfetti, ora basta essere fotogenici e vengono perdonate anche le scarpe da ginnastica. Tabù inviolabile un tempo.
Un tempo c’erano premi ed eventi legati al cosplay che ormai sarebbero improponibili. “Badilata sulle balle”, “Nano di Gesso”, “Culetto d’oro” o la “Più Pisellabile”. Premi di goliardia per farsi due risate, dove gli stessi cosplayer partecipavano divertendosi. C’erano interpretazioni su temi oggi improponibili, dall’omosessualità al sesso, fino alle peculiarità dei dialetti regionali o stranieri. Come per lo spettacolo professionistico, anche questa componente ha frenato molto il “play”. Un errore di questo tipo sul palco, e l’attacco sui social diventa virale e di branco. Un tempo potevi anche fare autoironia, senza essere additato, ora è rischioso affrontare certi argomenti anche se tu fai parte della “minoranza” in questione.
In generale si è spostato il cosplay da mezzo per trovare nuovi amici con le stesse passioni, mostrare il proprio talento interpretativo, sfoggiare le proprie doti sartoriali, verso l’autopromozione e la ricerca di una professione legata ai media. Sono finiti i tempi in cui il cosplay era “una carnevalata”, ora per molti è un fondamentale aspetto lavorativo. Molti ex cosplayer tutt’ora hanno sfruttato la popolarità accaparrata nel cosplay per questo salto professionale.
E intanto scocca la mezzanotte, è il 2023 e ancora non sai se veramente “si stava meglio quando si stava peggio”. Se è giusto che in questi dodici anni il cosplay sia diventato l’antitesi di sé stesso. Se culturalmente è più corretta l’attuale eccezione, o in fondo è sempre lo stesso prodotto ma con un packaging differente. Brindi con gli altri commensali dopo una lunga discussione, con il barlume che in fondo, a suo tempo, te la sei goduta così, che hai sempre cercato di divertirti e divertire senza voler pestare i piedi a nessuno. Che l’attuale andamento è figlio di una cultura e disponibilità economico-tecnologica differente, può non essere nelle tue corde ma non è detto che sia sbagliata. Che hai bacchettato un sacco sui forum, ma che sui social non hai voglia di disperdere le tue idee facendo confronti a uno a uno con gli attuali cosplayer. E concludi che è più di vent’anni che sei nell’ambiente cosplay, ed è l’ora di lasciare ai giovani lo scettro per divertirsi come vogliono. A te rimane l’onore di essere stato un “Cavaliere della Sacra Gnocca in Cosplay”. Questo privilegio non tornerà, ma ai tuoi nipoti potrai raccontare le tue epiche imprese degne di un’ antologia.
By Andrea Psy Bonvissuto