Un fumetto può essere allo stesso tempo un’opera interessantissima e illeggibile? La risposta è si, dopo che ho letto “Aquaman – Andromeda”.
Un’opera pubblicata dalla Panini Comics, realizzata da Ram V e Christian Ward, appartenente alla serie Black Label, fumetti non vincolati alla continuity delle serie regolari, in cui viene data piena libertà di creatività agli autori, affrontando anche tematiche adulte.
L’albo in questione ci viene presentato un Aquaman molto diverso, sia a livello stilistico che psicologico, tanto da non riconoscerlo: silenzioso, molto riflessivo e intrappolato in una personalità legato al passato.
La sceneggiatura si basa su un misterioso oggetto extraterrestre, la cui densità della materia con cui è fatto, esclude che sia un meteorite che entra nell’atmosfera terrestre, schiantandosi in un punto del Pacifico, noto come Point Nemo, denominato il cimitero delle astronavi spaziali.
Verso questo luogo si dirige una nave, Andromeda, in una missione segreta, composta da un equipaggio, i cui componenti hanno tutti una storia alle spalle di drammi, una nave che nasconde un terribile segreto…
La sceneggiatura, un mix tra un horror psicologico e una spy story, tiene incollato il lettore all’albo, peccato che Aquaman risulta un comprimario, quindi una storia che poteva essere intitolata con un altro nome e si poteva benissimo farne a meno di questo supereroe Dc.
La struttura narrativa in stile cinematografico, riporta alla mente film cult come “La Cosa”, dietro ad ogni pagina può accadere qualcosa, creando un forte pathos nel leggere. Il mistero si infittisce tavola dopo tavola, per poi iniziare a dare le proprie risposte che vanno ricercate nel passato di Atlantide e nel potente re stregone Ahri’Ahn.
Ogni protagonista ha una storia o forse meglio dei fantasmi che si portano dietro e che continuano a perseguitarli nel loro subconscio. In tutto questo si muove un Aquaman i cui autori hanno reso inguardabile, sia a livello grafico che di personalità. Uno scempio verso un eroe che domina i mari e che qui invece ne è dominato, tanto che parla pochissimo e i momenti d’azione sono molto limitati.
Si ha l’impressione che chi si è occupato di Arthur Curry non ne conosca affatto la storia, in quanto il re di Atlantide potrebbe, per come è stato descritto, uno qualsiasi. Si ha l’impressone che si è voluto usare Aquaman, per attirare nella rete i lettori, nell’acquisto di un albo interessante ma senza un nome di grido in copertina, senza acquirenti. Anche graficamente è irriconoscibile, se non fosse che in copertina vi è il titolo “Aquaman”.
Non giova neppure il tratto, sembra di vedere tutto in maniera offuscata, i visi degli attori del racconto, appena accennati, quasi fossero degli schizzi preparatori, con una colorazione confusionaria ed eccessivamente intensa che influisce negativamente sulla visione delle scene.
Un fumetto riuscito a metà a livello artistico e che scontenta i lettori tradizionali di Aquaman.