Cosa hanno in comune le canzoni “Abbronzatissima”, “Se telefonando” e “Sapore di sale”?
L’arrangiamento di Ennio Morricone, uno dei pochissimi compositori il cui talento è stato riconosciuto dovunque.
Ha superato i confini perché ha saputo utilizzare il cinema come grimaldello per portare la sua musica in tutto il mondo, e il fatto che si trattasse di una musica di qualità assolutamente superiore gli ha permesso di scavarsi una nicchia nell’immaginario collettivo.
Le sue arie parlano all’animo, con una profondità così complessa da sopravvivere anche quando separate dalla potenza delle scene a cui sono legate.
Eppure la strada di Ennio non è stata tutta in discesa. Un episodio della sua vita che è emblematico di come può essere complicato trovare il cammino giusto è avvenuto nel 1958, quando aveva 30 anni: era sposato da poco e aveva ottenuto un posto come assistente musicale alla Rai. Eppure abbandonò il lavoro il giorno stesso in cui cominciava, perché aveva scoperto che in quanto dipendente non avrebbe mai potuto trasmettere le opere che aveva composto.
Regole di altri tempi, che però non raffreddarono il suo entusiasmo: ha continuato a scrivere musica, e nel 1964 è iniziata la collaborazione con Sergio Leone che ci ha regalato quelle colonne sonore meravigliose che tutti riconosciamo già da una manciata di note.
Ha unito mestiere e talento in una formula irripetibile, e il suo genio luminoso gli ha permesso di sperimentare innovazioni come inserire nelle partiture strumentali i suoni umani e i rumori della natura (come il fischio, il frinire dei grilli, l’ululato del coyote).
Tutta questa esplosiva creatività si abbinava a una personalità schiva, dedita al lavoro e lontana dalla ribalta. Ha dedicato alla moglie Maria Travia l’Oscar alla carriera che gli è stato conferito nel 2007 (dopo ben 5 candidature non premiate) accompagnandolo con queste parole:
“Credo che questo premio sia per me non un punto di arrivo ma un punto di partenza per migliorarmi al servizio del cinema e al servizio anche della mia personale estetica sulla musica applicata. Dedico questo Oscar a mia moglie Maria che mi ama moltissimo, e io la amo alla stessa maniera e questo premio è anche per lei.”
La frase è profetica, infatti nel 2016 con The Hateful Eight ha ottenuto una seconda statuetta che si è unita al suo palmares in cui compaiono anche un Leone d’Oro alla carriera, quattro Golden Globes, tre Grammy, e ben dieci David di Donatello.
Per capire qualcosa del modo di intendere la vita e l’arte di questa persona straordinaria non c’è nulla di meglio che citare le sue parole. Ecco tre frasi che ha pronunciato:
“Nell’amore come nell’arte la costanza è tutto. Non so se esistano il colpo di fulmine, o l’intuizione soprannaturale. So che esistono la tenuta, la coerenza, la serietà, la durata. E, certo, la fedeltà.”
“A chi mi chiede di parlare di ‘western all’italiana’ rispondo che parleremo un’altra volta. Odio quel termine: lo trovo riduttivo, superficiale, provinciale.”
“Ho sposato una siciliana, il che mi ha permesso di conoscere da vicino la sicilianità. Ma grazie all’arte di Tornatore ho avuto la conferma delle mie sensazioni su questa terra, che è bella anche per le sue contraddizioni oltre che per la sua umanità.”
Ha sempre vissuto una vita lontana dalla ribalta, e così è il suo ultimo saluto, un elogio funebre scritto di proprio pugno che riporto per intero:
“Io, Ennio Morricone, sono morto.
Lo annuncio così a tutti gli amici che mi sono stati sempre vicino ed anche a quelli un po’ lontani che saluto con grande affetto. Impossibile nominarli tutti. Ma un ricordo particolare è per Peppuccio e Roberta, amici fraterni molto presenti in questi ultimi anni della nostra vita.
C’è solo una ragione che mi spinge a salutare tutti così e ad avere un funerale in forma privata: non voglio disturbare.
Saluto con tanto affetto Ines, Laura, Sara, Enzo e Norbert per aver condiviso con me e la mia famiglia gran parte della mia vita. Voglio ricordare con amore le mie sorelle Adriana, Maria e Franca e i loro cari e far sapere loro quanto gli ho voluto bene. Un saluto pieno intenso e profondo ai miei figli, Marco, Alessandra, Andrea e Giovanni, mia nuora Monica, e ai miei nipoti Francesca, Valentina, Francesco e Luca. Spero che comprendano quanto li ho amati.
Per ultima Maria (ma non ultima). A Lei rinnovo l’amore straordinario che ci ha tenuto insieme e che mi dispiace abbandonare. A Lei il più doloroso addio”.
Il Museo Nazionale del Cinema di Torino ricorderà il Maestro con un’ora di diffusione dei suoi temi più famosi nell’area pedonale antistante alla Mole Antonelliana, tutti i giorni dalle 18.30 alle 19.30 e fino al 20 luglio.