La possibilità di rivivere, attraverso foto, interviste, ricordi che sto raccogliendo sulla pagina facebook “Golden Age of Cosplay”, mi ha portato a intervistare Federico Senes conosciuto da tutti come Otaking, Presidente dell’Associazione A.na.Co che attraverso eventi e fiere, fece conoscere al grande pubblico il panorama cosplay.
Tra le iniziative dell’Associazione che realizzò, ci fu la pubblicazione di un libro sul cosplay scritto da cosplayers, probabilmente la prima opera dedicata a questo fenomeno visto da chi lo praticava: “100% Cosplay, avvistato Goku in Metropolitana”. Libro che Otaking insieme ai suoi collaboratori, studiarono e realizzarono tra il 2005 -2006.
Lascio adesso la parola a Federic…. ehm volevo dire a Otaking. Una vertenza per i lettori, non tutto potrebbe essere facile da intendere, in quanto molto divertimento e goliardia si miscelava a sacrifici ma anche certi lavori si mixavano a creatività e follia.
Innanzitutto, grazie Jubei per questo momento amarcord. Fa sempre piacere riportare a galla i ricordi di un periodo, come amo definirlo, di divertimento pionieristico. Prima di parlare del libro che abbiamo scritto come A.Na.Co. (Associazione Nazionale Cosplay), ovvero 100% Cosplay (nonché motto dell’associazione negli ultimi anni di vita), c’è da fare una veloce premessa sullo spirito che ha guidato la nascita dell’associazione e il suo ciclo di vita ufficiale che va dal 2003 al 2010.
L’A.Na.Co. ha avuto un precedente periodo di 3 anni circa di incubazione in cui un gruppo di amici nel torinese, dei maccheronici otaku che già frequentavano le fiere (non che ci fosse molto da scegliere alla fine degli anni ’90, primi del 2000; parliamo di Comiconvention, Lucca Comics, Torino Comics e probabilmente anche qualcosa a Roma ma vista la giovanissima età e la spiantataggine economica, equivaleva al viaggio di Ulisse oltre Scilla e Cariddi), iniziarono anche a fare cosplay senza nemmeno sapere che questa “cosa” avesse un nome ma spinti solo per la passione verso i propri eroi cartacei. Solo successivamente, con le prime amicizie fieristiche, grazie anche a qualche rivista che mostrava foto di questo fenomeno dal Giappone e le prime foto che pervenivano proprio dalla fiera italiana per eccellenza, ovvero l’attuale Lucca Comics & Games, si iniziò a mettere a fuoco il tutto.
Dall’esigenza di condividere questa passione, trovare altre persone per fare gruppi, recuperare le foto che qualcuno ti scattava in fiera, nasce il forum che formerà lo zoccolo duro che permetterà nel 2003 la fondazione dell’associazione (idea nata tra le mura di una fumetteria, di cui era proprietario uno dei soci fondatori, faccio questa precisazione per far capire quanto odorava di passione il progetto).
Come nacque l’idea di realizzare un libro dedicato al panorama cosplay.
Prima di arrivare al libro incriminato, nel 2005 avevamo già indirettamente collaborato alla scrittura di un libro: “Cosplay Culture – Fenomenologia dei costume players italiani” di Luca Vanzella (ed. Tunué). Il gentilissimo Luca ci ha coinvolto in questo progetto e noi abbiamo fornito materiale e spazio sul forum per raccogliere tutte le informazioni necessarie, ma non si tratta di un libro per i cosplayer ma sui cosplayer. Ha infatti lo stile quasi di un saggio universitario e affronta l’argomento dal punto di vista sociologico e antropologico. Sull’onda di questa pubblicazione siamo stati contattati da vari studenti, quasi sempre cosplayer anche loro, che ci hanno coinvolto nella stesura delle loro tesi universitarie (che conservo ancora da qualche parte) che trattavano il fenomeno sotto vari aspetti.
A fine 2006 fummo contattati dalla Jar Edizioni, una casa editrice bolognese, che ci propose di scrivere un libro scritto dai cosplayer stessi, e visto che il fine dell’A.Na.Co. era la diffusione del cosplay in Italia e far sì che anche i non addetti ai lavori ne avessero una visione corretta, o forse sarebbe più giusto dire “senza pregiudizi”, il progetto ci sembrò l’ennesimo mattoncino utile alla nostra causa.
Come la ricordi quell’avventura e cosa in particolare.
Il ricordo è assolutamente positivo, non potrebbe essere altrimenti. Erano anni di fermento, il cosplay iniziava ad essere conosciuto anche in contesti al di fuori della classica fiera e quindi si cercava sempre qualcosa di nuovo per tenere alta la curiosità e attirare nuovi appassionati. Il primo step è stato quello di raccogliere materiale nel forum associativo e successivamente cercare cosplayer disponibili a cimentarsi in qualcosa che per molti non era nelle proprie corde, ovvero la scrittura. L’organizzazione non fu non semplice dal punto di vista della coordinazione perché ai cosplayer che si erano offerti per questa collaborazione è stato assegnato un capitolo preciso in base alle loro particolari caratteristiche, esempio: la parte di tutorial su una maschera è stata affidata a Francesco “FraGatsu” Sanseverino che è successivamente diventato un professionista che si occupa di makeup, props, ecc… oppure il capitolo centrale che romanza la giornata tipo di un cosplayer è stata scritta da Valentino “Tiddy” Notari, che negli anni a venire ha pubblicato dei suoi lavori come il romanzo fantasy Lampo Verde.
Dopo un anno di intenso lavoro, nel 2008 venne alla luce il nostro libro: 100% Cosplay – Avvistato Goku in metropolitana.
Con grande piacere ricordo anche i primi periodi di promozione, dove la casa editrice ci invitò a degli appuntamenti in Emilia-Romagna per presentare il libro con tanto di presenza dei cosplayer. Eventi che alla fine si trasformarono quasi in mini-raduni anche se la maggior parte dei presenti, con grande sorpresa, non era del giro.
Come risposero i lettori a questa pubblicazione?
Si è trattato sicuramente di un libro di nicchia, molto mirato e pubblicizzato senza potenti mezzi ovvero solo da noi su forum, sito e banchetto dell’associazione durante gli eventi, e dalla piccola casa editrice. Tutti i soci fecero egregiamente la loro parte col passaparola, tant’è che di 6 scatoloni che ci affidò la casa editrice, ce n’era rimasto solo mezzo di invenduto. Non parliamo di grandi numeri o di un successo letterario, ma questo era ampiamente previsto e soprattutto non era quello l’obiettivo della pubblicazione.
Secondo te il libro anticipò il fenomeno culturale del cosplay?
No, il libro si trovava esattamente nella metà del percorso che ha portato il fenomeno del cosplay ad affermarsi in Italia. Mi spiego meglio, agli albori dall’esterno si aveva una considerazione scarsa del cosplay e del cosplayer, ovvero dei disagiati in costume che farebbero meglio a crescere piuttosto che vestirsi da imbecilli. Abbiamo avuto tra le fila casi di giovani osteggiati dalle famiglie perché vedevano il cosplay come una perdita di tempo, piuttosto che paragonarlo ad un altro qualsiasi hobby oppure sport (perché andare di domenica ad una fiera non dovrebbe avere la stessa valenza sociale di una partita a calcio tra amici?). Il vero appassionato però se ne frega del commento altrui e fa quello che riesce a distrarlo e a farlo stare bene. A quei tempi il cosplayer medio arrivava da un background culturale che è quello che oggi viene detto nerd, geek o chissà quale altro appellativo, quindi si partiva come lettori di manga, mangiatori di anime (suona male in effetti… o bene, dipende dalla divinità a cui ci si affida), giocatori di ruolo, di società, di carte, ecc… insomma tutte attività che non erano sulla cresta dell’onda ma erano quasi un rifugio silenzioso. Quanti di voi si saranno sentiti dire la frase “ah ma alla tua età guardi ancora cartoni?”, ecco in questa frase è rappresentata la fotografia della nostra società in quel momento.
All’improvviso però qualcosa cambiò. Iniziarono a chiamarci per delle interviste in radio, a chiederci comparse per trasmissioni televisive, dove effettivamente ci venivano rivolte domande curiose sul fenomeno in sé. Per carità, a volte il risultato non è stato dei migliori perché a causa della diffidenza verso il cosplay, l’intenzione era spesso di far apparire il cosplayer come persona “strana”. Non erano più solo le grandi fiere a volere la loro gara cosplay, ma anche i piccoli paesi volevano sentirsi coinvolti e questo magari comportava organizzare della attività, tra cui ovviamente anche la sfilata, per la sagra di paese. Ecco perché adesso, anche dopo la chiusura dell’associazione, ci troviamo con numerosi eventi tra cui anche SALAMELLE IN COSPLAY. Questo a qualcuno potrà far sorridere o storcere il naso, dipende dai punti di vista, ma ora gli appassionati hanno delle scelte, hanno quello che non abbiamo avuto noi agli inizi, ovvero solo 3 o 4 eventi all’anno dove eri costretto a fare dei viaggi della speranza. E sono orgoglioso di dire che l’A.Na.Co. ha dato un grande contributo in questo.
Se potessi riprenderlo in mano, cambieresti qualcosa?
Quello che non ci soddisfò già all’epoca fu il comparto grafico sicuramente di basso livello. Avevamo fornito foto di alta qualità, delle illustrazioni fatte a posta da alcuni nostri soci (che studiavano o lavoravano già nel mondo della grafica e delle illustrazioni) che però vennero scartate o ridotte di qualità, ritagliate male, ecc.. Potessi modificare qualcosa, lavorerei su questo ma non toccherei niente dei contenuti. Nonostante si tratti di un libro non omogeneo nello stile di scrittura perché scritto a più mani da non professionisti del settore, modificare i testi significherebbe perdere di genuinità ed innocenza, cosa che sicuramente traspare dal libro.
Mi permetto di questa occasione gentilmente offerta da Mondo Japan per aggiungere una pagina che all’epoca, presi dal fermento di consegnare il lavoro alla casa editrice, ci sfuggi. Ultima ma non per importanza, la pagina dei ringraziamenti. Approfitto per ringraziare tutti quanti, a partire dalla casa editrice Jar Edizioni che ci permise di vivere un’avventura eccezionale, a tutti i cosplayer che fornirono del materiale, a tutte le persone che acquistarono una copia del libro, ma soprattutto ai soci che presero parte attiva al progetto, ovvero:
– Luisa “Black Violet”
– Valentino “Tiddy”
– Simone “Gendo Ikari”
– Sara “Miky-chan”
– Annalisa “Puchiko”
– Cataldo “Actarus”
– Marco “Sir Double M”
– Federico “Boyakki”
– Cristina “Tsunami”
– Paolo “Yota”
– Fabio “Baumiao”
– Francesco “FraGatsu”
– Camilla “Cami-chan”
– Sabrina “Mirlinda”
senza di voi questo pezzo di storia del cosplay italiano non sarebbe potuto esistere!
Ritieni che abbia aiutato la diffusione del cosplay, oltre al contesto delle fiere?
Non proprio, ritengo che il vero lavoro di diffusione del cosplay sul territorio italiano, a prescindere dalla storia dell’A.Na.Co. o da altre community che vivevano ai tempi sulla rete, sia stato fatto dalle persone in carne ed ossa. Può sembrare banale come pensiero ma niente aveva più potere di un raduno dove arrivava il cosplayer alle prime armi o che non conosce nessuno perché magari abita in un paesello di 2000 persone o semplicemente in regioni dove il fenomeno era più snobbato, e andarsene via alla sera stanco ma con nuove amicizie. Amicizie che poi si coltivavano e crescevano sul forum, sulla prima versione di MSN, e a loro volta coinvolgevano altri conoscenti, compagni di scuola, ecc… Noi abbiamo solo dato degli strumenti, le persone li hanno sfruttati ed il fenomeno del cosplay ha seguito una sua naturale strada.
Secondo te è cambiato troppo il mondo cosplay da quando è stato scritto il libro?
Sicuramente è cambiato molto. Quando a fine 2010 terminò l’avventura dell’A.Na.Co., ma anche leggermente prima, i tempi ormai erano più che maturi ma senza lo spirito che aveva pervaso quello che gli affezionati chiamano “Il periodo d’oro del cosplay”. Ormai nascevano associazioni come funghi o direttamente “aziende”, spesso perché puntavano a sottrarre l’evento a cui avevano “allegramente” partecipato fino al giorno prima. Questo perché in quegli anni il cosplay ha iniziato ad avere gli occhi puntati sopra e molte persone hanno pensato di poter farci grandi soldi aumentando l’asticella dell’offerta. Se te avevi delle coppe come premio della gara cosplay, qualcuno metteva in palio la Playstation o l’Xbox. Se te mettevi in palio delle console, qualcun altro allora metteva in palio un viaggio in Giappone. Personalmente ho percepito proprio un cambio di spirito in molti cosplayer, lo spirito goliardico e appassionato da cui era nato, stava venendo scavalcato da uno spirito molto molto più competitivo per aggiudicarsi i nuovi ambiti premi.
Se prima passavi la giornata a cercare scampoli di stoffa convenienti al mercato, ora dovevi per forza cercare di avere accesso al materiale più ricercato e di moda in quel momento, qualcuno iniziava ad esplorare addirittura l’uso dell’elettronica. Non so se questo sia un bene o un male, forse non è nessuna delle due cose perché l’evoluzione è una cosa naturale. Però per uno come me che aveva iniziato in un periodo dove non c’erano palchi, non c’erano camerini e si partiva da casa già col costume addosso, i premi erano degli attestati stampati a casa, a volte non c’erano nemmeno gli impianti audio e, quando si organizzava, si prendevano le iscrizioni con carta e penna, tutto è stato una conquista strappata pezzetto per pezzetto agli enti fiera, o spesso finanziata di tasca nostra con i fondi dell’associazione. Ad un certo punto tutto era dovuto “ma non ci sono gli specchi grandi in camerino?” , “il camerino è custodito?”, “il vostro impianto audio non legge i formati .ajeje ?”, “ma come premi date solo le medaglie?” e potrei andare avanti per ore a raccontare osservazioni di questo tipo che ci fecero. So solo che tutti questi fattori mi portarono a non percepire più il cosplay come il mio mondo e appendere così definitivamente il costume al chiodo nel 2012, alla fiera Poirino Comics, un paese nella campagna torinese (l’ho specificato per rendere ancora meglio l’idea di dove è arrivato il cosplay). Mia nonna diceva sempre “Impara a non fare quello che ti fa stare male” e quando un hobby ti crea più malessere e grattacapi che altro, significa che bisogna cercare il divertimento altrove.
Oggi continuo a frequentare le fiere da semplice appassionato, ovviamente con molto meno tempo a disposizione, e posso solo dare un parere da “esterno”: quello che prima mi sembrava un passatempo più di gruppo, ora sembra gestito molto più in solitaria. Sia chiaro, la colpa non è del cosplay ma dei cambiamenti che la società e la tecnologia stessa stanno vivendo. Se prima si viveva il pre e post fiera sui forum, ora ognuno ha la propria pagina di Facebook e/o Instagram e difficilmente si sconfina dal proprio recinto. Una volta c’erano i raduni, ora singoli cosplayer durante la fiera spariscono per ore solo per farsi fare foto. Detto questo, ognuno deve vivere il cosplay come meglio crede e se fanno così, sicuramente sarà il tipo di divertimento adatto a loro.
Oggi scriveresti il seguito? Magari un capitolo dedicato a tette, giuria corrotta e …..
… la gnocca!!! (Scusa ma questa me l’hai servita su un piatto d’argento)
Scherzi a parte, un seguito vero e proprio non credo possa essere scritto e forse non avrebbe nemmeno senso. Più che altro molti mi chiedono di scrivere un libro con tutti gli aneddoti, altarini, curiosità, ecc.. dell’epoca e sicuramente lo intitolerei “The Dark Side of Cosplay” ma, come si dice, quello che è successo nella golden age è meglio che rimanga lì per continuare ad alimentare quell’alone di nostalgia e mistero che col tempo andrà ad aumentare.