Non vi è mai capitato durante una fiera, magari mentre state guardando un Manga o un gadget, fare un commento ad alta voce inerente al prodotto in questione e ricevere la risposta di un individuo affianco a voi, che poi inizia a scialacquarvi un infinità di nozioni sul Giappone che vanno oltre alla vostra malaugurata domanda che vi è scappata ad alta voce?
A questa domanda, la Dottoressa Giulia Marino, in maniera divertente ma ben analizzata ci dà una risposta. Come? Ecco a voi l’intervista e lo scoprirete….
Iniziamo con una domanda facile, facile… dicci qualcosa di te.
Mi chiamo Giulia Marino, sono nata a Gorizia il 14 ottobre 1987 e sono dottoressa in Lingue e Culture dell’Asia Orientale. Mi sono laureata all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ho studiato lingua e cultura giapponese. Nel 2010, per tre mesi ho vissuto in Giappone, a Hitachi, prefettura di Ibaraki, e ho frequentato la Ibaraki Kokusai Gakuin, una scuola di lingua per stranieri che studiano giapponese.
E’ stata una bellissima esperienza, indimenticabile.
Durante gli anni di Università ho vissuto a Mestre, ma attualmente vivo a Gorizia, sono iscritta a un Master in Marketing, Comunicazione e Relazioni Commerciali Internazionali e tengo un corso di lingua giapponese per principianti presso il Punto Giovani di Gorizia, un centro di aggregazione giovanile. Nel tempo libero navigo molto in internet (sono un’internauta sfegatata) e scrivo tantissimo.
Adoro scrivere.
Come nasce l’idea di realizzare questo libro e soprattutto come sei venuta a conoscenza dei “Giappominchia”
La stesura di questo libro non era stata assolutamente programmata, è capitata per gioco. Dopo essermi laureata mi sono presa un paio di mesi di pausa, prima di iscrivermi al Master in Marketing, e in quel periodo ho cominciato, un po’ per noia un po’ per svago, a scrivere il mio studio semiserio sui giappominchia. Non avevo intenzione di pubblicarlo per davvero, lo vedevo unicamente come uno sfogo personale: in anni di Università a Venezia e di frequentazioni virtuali di forum su manga e anime, di giappominchia ne avevo trovati moltissimi e scrivere un saggio su di loro era diventato un desiderio quasi irrefrenabile. Ho cominciato con calma, divertendomi io stessa tantissimo, e il libro si è quasi scritto da solo. I primi contatti coi giappominchia li ho avuti su internet, diversi anni fa, quando ancora frequentavo il liceo. Poi, andando a studiare giapponese e cominciando a gironzolare per le fiere del fumetto, ho avuto modo di averci a che fare anche dal vivo. “Giappominchia” non è un termine che ho coniato io: su internet se ne parla da tantissimo tempo, tutti sanno chi sono, eppure nessuno li aveva ancora presi in considerazione.
Ma chi sono i “Giappominchia”?
I giappominchia sono quegli appassionati di Giappone e cultura giapponese che credono di essere super informati su tutto ciò che riguarda le remote terre nipponiche, ma che in realtà sanno poco e hanno una visione molto stereotipata del Giappone. Sono fanatici di manga, anime e di tutto ciò che è giapponese; sono esuberanti, si esprimono attraverso un italiano bizzarro sporcato da 3 o 4 parole giapponesi e parlano sempre e solo di Giappone, quasi non esistesse null’altro. Pensano di essere otaku, sanno dell’esistenza dei giappominchia ma credono che ad esserlo sia sempre qualcun’altro. Fanno tenerezza e al tempo stesso fanno innervosire, ma a modo loro sono soggetti interessanti…
Nel tuo libro affermi che una buona percentuale sono ragazze. Negli anni ’90 chi seguiva Anime e Manga erano in prevalenza ragazzi, considerati un po’ “sfigati” che cercavano in questi prodotti quello che non riuscivano a vivere nella realtà.
Possono essere considerati simili questi due fenomeni e secondo te come mai questo avvicendamento tra i sessi?
A parer mio, queste due realtà sono molto differenti tra loro. I giappominchia degli anni ’90, che erano per lo più ragazzi, hanno poco a che fare coi giappominchia degli anni Duemila. Il modo stesso di guardare al Giappone e a tutto ciò che lo riguarda è cambiato: negli anni ’90 l’interesse per manga e anime non era ancora dilagato e, facendo il paragone con la situazione attuale, gli appassionati erano pochi. Internet ha contribuito non poco ad alimentare l’interesse di molti giovani nei confronti del mondo giapponese e dal duemila in poi fumetterie e negozi di articoli per otaku sono spuntati come funghi dappertutto. Ora essere otaku rischia quasi di diventare una moda, mentre negli anni ’90 la figura dell’otaku era ancora avvolta nel mistero (infatti, a quei tempi, gli appassionati di manga, anime e affini, erano guardati male, considerati dai loro coetanei degli individui strani e parecchio “sfigati”). Ma i giappominchia di allora non hanno quasi nulla a che fare coi giappominchia di adesso. Quelli degli anni ’90 quasi non li chiamerei “giappominchia”: erano fanatici, sì, ma dubito avessero in corpo la “giappominchiosità” sfrenata dei falsi otaku di oggi. Ora, come ho scritto nel mio libro, i giappominchia sono per lo più ragazze, che si avvicinano al mondo del Giappone attraverso i manga e gli anime, e quasi tutte rimangono stregate dal fascino dello yaoi, l’amore tra maschi. Il genere yaoi contribuisce a sfornare ogni giorno decine e decine di nuove giappominchia. E dallo yaoi si passa da un manga all’altro, da un anime all’altro, si comincia a parlare solo di Giappone, a pensare solo al Giappone, e in poco tempo si diventa giappominchia. Il fatto poi che ci siano tanti appassionati di Giappone non aiuta a contenere il fenomeno “giappominchia”: negli anni ’90 la passione degli otaku di allora era più genuina, forse anche più “calma” e ponderata. Ora invece ci troviamo di fronte una sorta di isteria collettiva per il Giappone, dove i giappominchia si trovano sul web, e anche fuori, e assieme si danno forza.
Quanto possono aver influenzato i media ( in primis la pubblicità), nell’idealizzare il Giappone come “Il PARADISO TERRESTRE” in queste persone?
I media influenzano molto la mente delle persone, si sa, ma nel caso dei giappominchia non credo abbiano contribuito poi così tanto. Per come la vedo io, i giappominchia si alimentano a vicenda ed è il loro “ghettizzarsi” che contribuisce ad alimentare il loro stesso interesse. Facendo zapping in tv raramente i media portano l’attenzione sul Giappone (esclusi i tristi eventi della scorsa primavera, che tutti abbiamo presente) e non credo quindi si possano additare come responsabili della nascita di così tanti giappominchia.
Dicci la verità… quanto c’è in te di “Giappominchia”?
La giappominchia che era in me è morta da tempo (fortunatamente)!
Ora, ad essere sincera, non mi reputerei nemmeno nipponista, pur essendo laureata in Lingue e Culture dell’Asia Orientale e insegnando giapponese. Adoro il Giappone, ma sono in una fase della vita in cui sento di essere molto più interessata al mondo nella sua interezza. I tempi in cui leggevo solo manga e utilizzavo internet unicamente per girare su siti di manga e anime sono finiti da tanto.
C’è da dire poi che essendo timida e introversa non sono mai stata la classica ragazza giappominchia, non amo attirare l’attenzione su di me, però negli ultimi anni ho attraversato tutte e tre le fasi, giappominchia-otaku-nipponista. Dopotutto non avrei potuto scrivere un’analisi specifica sui giappominchia, senza esserlo stata un pochino io stessa…