Non si placa la polemica sulla locandina dell’exibhition Udine Comics and Games 2024, complice di un’errata comunicazione con il pubblico nei termini di “realizzazione” della stessa. In realtà girava sul web già da inizio Gennaio, ma la miccia si è innescata meno di 24 ore fa, svelando il nome che si celava dietro alla realizzazione dell’immagine CGI di fondo. La nostra intenzione non è quella di creare un nuovo “mostro” a cui dare la caccia, quindi non lo riporteremo, ma è utile fare una riflessione a questo punto su come, questo ennesimo episodio di utilizzo di AI, stia creando disagio e scontento nell’ambiente artistico, e non solo grafico. Per semplicità useremo il termine “artista” per indicare la fonte commissionaria, “fiera” per la commissionante.
La Fiera
Come ente commerciale, la fiera ha demandato la creazione di una parte di locandina ad un’artista. Non ci è dato sapere cosa abbia chiesto, ma possiamo immaginare che se l’ha pubblicata non era particolarmente interessata ad uno stile preciso e rigoroso. Fosse un disegno colorato a mano, una CGI prodotta da umano o AI, se il format grafico è stato approvato vuol dire che era in linea con le richieste. Certo, sarebbe curioso conoscere se c’è stata l’illusione che ci fosse un intervento umano perché, nulla da dire, il prodotto finale è bello, ma sui social non c’è stato nessun dietro front, pertanto possiamo dare per scontato che, o ne erano consci, o che a conti fatti a loro interessava avere una locandina e i “fronzoli tecnici” erano secondari. Rimane un fattore puramente etico e sociale, ma sottolineando nuovamente che è un ente commerciale, non è direttamente obbligatorio adempiere a questo particolare. Possiamo tranquillamente dire che, in un panorama artistico vasto come quello nostrano, una commissione “umana” sarebbe stata molto onorevole, possibilmente senza utilizzare neanche nomi blasonati. Forse il succo di tutto, rispetto a chi gestisce l’aspetto PR di Udine Comics and Games, si riassume nella mancata possibilità di acquisire “lustro” da parte della comunità artistica, fulcro poi dei banchetti a pagamento nella self-area. Appare molto chiaro che non c’è una minima volontà di promuovere gli emergenti, basta fare cassa e vendere banchetti.
Romics ha tagliato la testa al toro direttamente, ha annunciato che non ci sarà più la self-area, togliendosi questo dubbio etico a monte.
L’Artista
Chi ne esce male da tutto questo è l’artista, tanto da aver cancellato post, bloccato commenti e blindato parzialmente i profili social dopo (l’imprevedibile?) sciame di polemiche accese che ha scaturito una sua semplice, forse ingenua, dichiarazione: HO DISEGNATO. Ma non corriamo alle conclusioni, ci sarebbe ancora un’ancora di salvezza in tutto questo, e deriva suoi lavori passati. Ed è qui che, comicamente casca l’asino, l’artista sa disegnare. E sembra anche bene. Eppure nulla dei suoi precorsi ha attinenza con ciò che è stato generato per la fiera. Sarei stato il primo ad applaudire davanti ad una sua creazione AI fatta con una LORE di suoi disegni. Non avrebbe usato Stable Diffusion o Midjourney con dati di altri artisti, avrebbe creato la “miglior versione delle sue illustrazioni” mediante un pacchetto suo e prompt personalizzati. Così il paradosso è che non possiamo usare ne il verbo “disegnato” ne “realizzato”. Al massimo era possibile scrivere qualcosa del calibro “risultato del prompt studiato per l’occasione”.
E tutto questo stride ancora di più con l’opportunità fieristica, e di un editore, di avere un banchetto dove vendere 100 copie autografate in tiratura limitata. A fronte di disegnatore che lavorano sodo per qualche commissione in fiera, sembra quasi uno schiaffo in faccia tale vantaggio in stile “ti piace vincere facile”. Queste locandine probabilmente andranno a ruba più per il feticcio del flames che dei meriti dell’artista. Ma si sa, nel bene o nel male, l’importante è che se ne parli! Poi starà ad ognuno di voi decidere se vale la pena o no di acquistarne una, visti i presupposti.
Sintografia
Ormai è difficile che non si sappia, ma capire se un’immagine è stata generata da AI è banale. Come un algoritmo la costruisce mediante dei processi, facilmente la de-processa con una certa facilità. E qualcuno ce l’ha bellamente dimostrato utilizzando un banale tool online. Non che serva necessariamente, perché i limiti della stessa sono conosciuti. Una per tutte la renderizzazione corretta delle mani, di alcune attaccature dei capelli, o degli arti.
Quindi la domanda è, perchè nessuno banalmente ha scritto che era una sintografia, nome tecnico e corretto, invece di girare intorno a mille termini erronei? Il caso “Ferragni” ci ha dimostrato che ormai gli errori di comunicazione si pagano. Certo, questo è un problema su scala super ridotta, ma è l’ennesima prova che i social non perdonano. Soprattutto sulla credibilità e sulla competizione artistica di una commissione che, per quanto solo di una copertina fieristica, ha i suoi bei risvolti di autostima e visibilità.
E la prova provata è l’orgoglio con cui la stessa artista ha promosso la creazione della sintografia e la vendita delle relative copie stampate ed autografate. E’ chiaro che questa opportunità sia golosa, ma lo è altrettanto che se l’opera che hai realizzato ha dei connotati precisi (per scelta o commissione), non ne dichiari altri per aumentare i likes o sembrare la nuova promessa del panorama italiano.
Come anticipato, non si vuole additare nessuno, anche perché per quanto l’errore sia stato commesso, non sappiamo quanto sia stato intenzionale e quanto leggerezza. Passeremmo ore ad ipotizzare se sia frode, ingenuità o ignoranza di termini tecnici. Secondo me è invero importante cominciare a mettere a fuoco l’evoluzione della AI nel progresso mediatico, senza demonizzarla, ne abusarne ma soprattutto con la massima trasparenza.
Andrebbe anche chiarito se nella self-area sia opportuno accettare artisti che usano l’AI pura per vendere stampe, senza che ci sia una minima interazione artistica. E’ possibile addestrare l’AI con i propri disegni, ed è questo che mi aspetterei di vedere da un artista in self-area incuriosito dall’innovazione tecnologica. Alcuni fotografi lo fanno già con le loro modelle, perché non sperimentare con i propri disegni invece che spendere soldi per abbonamenti o acquistare LORE altrui? Oltre che propedeutico, non sarebbe anche più economico?
Tre artisti da scoprire
Uso la AI per lavoro, non a livello grafico o fotografico, e la trovo molto interessante (spesso necessaria), ma sul lato artistico per me nulla è come una bella illustrazione da appendere. Spesso addirittura in bianco e nero. In questa partnership tra Mondo Japan e Lewis Carroll Society d’Italia vi è stato modo di conoscerne diversi, ed in linea con quanto sopra ci onoriamo di segnalarne tre. La prima artista, Lumi Niemi ,ci ha colpito per una locandina in stile Alice in Wonderland assolutamente eccezionale. Un suo poster promozionale della Scuola Manga che ci ha gentilmente donato per l’associazione, ma che dimostra che la tecnologia è un favoloso ausilio a chi ha le mani d’oro. Il secondo è Lorenzo Balocco, a cui abbiamo commissionato la sua Sortisia in stile “Alicioso Dark”. Lontano da ogni tecnologia, abbiamo chiesto uno sketch fuori dal comune, e avuto indietro un capolavoro con tanto di Dodo. Infine, Silvia Buganza, nonostante fosse allo stand tra notebook e tavoletta grafica , il suo portfolio era semplice pulito, lineare. Ogni illustrazione però aveva una profondità concettuale che un’artista non potrebbe mai far diventare un prompt per AI. Abbiamo affidato a lei il nostro primo progetto 2024, lontano dalle AI lei aveva inconsapevolmente centrato il bersaglio delle nostre necessità con la sua interpretazione duale di “attraversare lo specchio”.
Quindi, perché svendersi alle AI in maniera furtiva, quando hai le capacità per fare strada? Era davvero così importante usare l’AI per accaparrarsi una copertina impersonale? Ed ora, che valore potrà avere il lavoro di questa artista?
Noi ovviamente ci auguriamo che tutto si risolva per il meglio, che questo scivolone passi come un temporale, ma sarebbe davvero corretto ed etico prendere coscienza del problema e agire opportunamente sul campo artistico e commerciale. Soprattutto sarebbe davvero corretto dare agli artisti una vera opportunità di crescita, fosse anche una, ma non svendersi all’immagine “AI figa” solo perché è il trend del momento.