Il tema dei motori da corsa ha sempre interessato il Giappone, lo dimostrano le varie Aziende automobilistiche e di moto che hanno e continuano a gareggiare sui vari circuiti mondiali.
Tale passione non poteva che ricadere anche su opere di manga e anime, ricche di titoli come “Gran Prix”, “Mach 5”, “Super Gattiger”, “ A tutto Gas” ma anche eroi del genere robotico li ricordiamo in sella di potenti moto come Hiroshi di Jeeg, Akira Fudo di Devilman, Kabuto di Mazinger Z….
Tra le serie più amate senza dubbio c’è “Motori in Pista” alias “F”, di Noburo Rokuda (Gigi la Trottola), manga realizzato dal 1986 che ebbe una trasposizione animata di 31 episodi.
La storia narra di un ragazzo Patrick (Gunma Akagi) dal temperamento piuttosto eccentrico e ribelle ma ostinato che vuole entrare nel mondo delle corese automobilistiche. La sua decisione non è ben vista dal padre ( Soichiro Akagi), un importante imprenditore che vuole entrare in politica, dal carattere dispotico e autoritario, oltretutto il ragazzo è un figlio illegittimo, ottenuto con una cameriera della famiglia. Proprio per questo tra i due vi sono scontri verbali accesi, dato che il padre lo considera uno smidollato e ha paura che i suoi comportamenti sconsiderati infanghino il nome della casata.
Per inseguire il suo sogno, il ragazzo si trasferisce a Tokyo insieme al suo amico Peter (Tamotsu Oishi) il quale anche lui sogna di far parte di un team automobilistico come meccanico.
Patrick, grazie alla sua sfacciataggine e determinazione, riesce ad entrare in una piccola scuderia di Formula J, la quale sarà il trampolino di lancio per entrare a far parte dei migliori piloti, tra i quali incontrerà un temibile rivale, James (Kazuto Hijiri) con il quale, dopo i primi e accesi scontri, diverrà un punto fondamentale per la crescita sia come pilote che come uomo. Purtroppo, in una delle puntate più drammatiche della serie, James morirà in pista, per via di un male incurabile, senza però prima lasciare il testimone di miglior pilota promettente a Patrick.
La serie animata si ferma a questo punto, coprendo i primi 8 volumi del manga sui 31 complessivi, nei quali pur rimanendo importante l’aspetto sportivo, lo sguardo si materializza sempre di più sul rapporto padre-figlio, arrivando a spiegare tanti intrecci e avvenimenti che ruotano intorno alla storia principale.
La serie, risulta una delle migliori per quanto riguarda il genere sportivo- motoristico, riconducibili ad una storia intensa, spigliata, con un’alternanza di phatos, scene drammatiche ma anche di momenti umoristici.
Notiamo nella sceneggiatura un attenzione a tanti particolari narrati, dalla psicologia ottimamente costruita per ogni personaggio alla peculiarità con cui vengono presentati i motori e le auto, tanto da coinvolgere lo spettatore; la sonorità riprodotta dei motori in pista, dà l’impressione di essere ai box di un Gran Premio.
Tutto questo però è stato sminuito e rovinato da un adattamento italiano vergognoso, con taglia inconcepibili; tutti i riferimenti al Giappone sono stati eliminati, si è cercato di Occidentalizzare il più possibile l’opera, perdendo così importanti sfumature e concetti, arrivando ad avere dialoghi paradossali e assurdi che non hanno un filo logico con la narrazione.
A parte i nomi dei personaggi, ma il protagonista partecipa ai Gran Premi J, ovvero gare sui circuiti Giapponesi e non di Formula 3. Paradossale quando Patrick vuole acquistare la prima auto di corsa, avendo modificato tutto e quindi anche la valuta da yen in lire ( non c’era ancora l’euro), il prezzo risulta più basso dell’acquisto di un utilitaria.
La situazione è migliorata, quando la Yamato Video ha riproposto la serie, in due cofanetti, con tutte le parti censurate, permettendo così di avere una visione più completa ed esaudiente e apprezzando dei momenti emozionali.